di Luca Chierici
Il ricordo di una Alcina scaligera in forma scenica secondo l’invenzione di Robert Carsen (2009) non è stato sufficiente ad apprezzare del tutto una versione in forma di concerto, per altro applaudita da un pubblico numeroso e condotta impeccabilmente da Les Musiciens du Louvre diretti da Marc Minkowski, specialista del genere.
La lunghezza del dramma per musica in tre atti necessita di una certa movimentazione e le quasi quattro ore dello spettacolo – intervallo compreso – che vede i protagonisti avanzare di volta in volta apparendo dinanzi al direttore e agli strumentisti non aiutano a differenziare uno spettacolo in cui è già sufficientemente difficile trovare delle voci che si adattino in maniera peculiare e differenziata al carattere dei personaggi, a loro volta protagonisti di intrighi e di scambi di ruolo che non aiutano lo spettatore a districarsi nella vicenda, ispirata da <i>L’isola di Alcina</i> di Falzaglia, tratta dal più celebre Orlando Furioso di Ariosto.
Sarà appunto per questa non ideale differenziazione vocale che si sono ammirati di più interpreti come il Bradamante del mezzosoprano Elizabeth DeShong, l’Alcina di Magdalena Kožená e il Melisso di Alex Rosen rispetto ai pur bravi Valerio Contaldo (Oronte), Erin Morley (Morgana), Anna Bonitatibus (Ruggiero) e il giovane e squillante Alois Mühlbacher (Oberto). Bradamante, Alcina e Melisso non erano solamente validi solisti alle prese con le loro arie e recitativi, ma sembravano partecipare spiritualmente alla vita dei loro personaggi con maggiore aderenza. Parte del pubblico non ha resistito al lungo viaggio in queste splendide acque barocche (la tensione calava invero con il procedere degli atti). Les Musiciens du Louvre hanno sostenuto in maniera mirabile il lungo discorso musicale, ravvivati da una coppia di flauti barocchi, dal primo violino e violoncello e dal coro. Successo e applausi finali numerosi e convinti.