di Ilaria Badino
Bryan Hymel, o della creazione spasmodicamente necessaria di nuove leggende canore. Questo potrebbe essere il titolo di una dissertazione filosofica non tanto, nello specifico, sul primo disco targato Warner del giovane talento americano ma, più in generale, sul bisogno delle major di dare vita a fenomeni vocali corredandoli di un payoff più o meno dichiarato che esalti virtù – a detta loro – più uniche che rare tramite campagne pubblicitarie giustamente seducenti.
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