PERLE DI VETRO
di Giovanni Albini
«Scrivere lunghi libri è una laboriosa e inaridente stravaganza. Sviluppare per cinquecento pagine un’idea la cui esposizione orale richiederebbe pochi minuti! Un modo migliore di procedere è fingere che questi libri già esistono, e proporre un riassunto, un commento.» Così Jorge Luis Borges descrive le sue recensioni di opere immaginarie. E nella sua fantasia insegue ancora il potere rivelatore della parola in “La Biblioteca di Babele”, racconto in cui ipotizza l’esistenza di una libreria infinita che raccoglie tutti i libri che è possibile scrivere: in quelle illimitate successioni casuali di lettere dovrebbe dunque nascondersi la Verità, e gli uomini, forse incapaci di distinguerla, si affanneranno a cercarla nel labirinto di testi senza fine.
Mi piace allora credere che in quel disordinato miscuglio alfabetico si nasconderebbero anche i pensieri di infiniti artisti e di infiniti compositori: vissuti, viventi, possibili e improbabili. Riassunti di estetiche, elaborate analisi, pungenti critiche. Servirebbe solo una guida per selezionarli e distinguerli da tutti gli altri innumerevoli testi. E ogni compositore scruterebbe inconsapevole gli esiti della sua poetica. Impossibile?
L’impraticabilità di una biblioteca infinita – e soprattutto di una guida onnisciente per orientarcisi – è artificialmente aggirabile dai trucchi dell’informatica. Il giovane compositore Dominic Irving ha elaborato un software online accessibile a tutti che genera in modo imprevedibile e casuale articolati, pretenziosi e spesso paradossali discorsi che suonerebbero perfettamente sulle labbra di molti compositori dei nostri giorni. Basta un click, ed ecco concepito un discorso nuovo, in cui un anonimo artista digitale espone il suo pensiero. Alcuni hanno più senso di altri; poco male però, è così anche per quelli non affidati al caso. E in fondo poco importa, è cosa nota: l’arte non dice, suggerisce.
Il nome del generatore, “The Contemporary Classical Composer’s Bullshit Generator”, sembrerebbe non lasciare dubbi sull’obiettivo scherzoso del suo programmatore. Eppure, in quell’intelligente farsa digitale forse si annida un’occasione interessante. Come per i libri immaginari di Borges, in quelle frasi mescolate incidentalmente da alcune sequenze di bit si potrebbe nascondere un’intuizione che, per qualcuno, potrebbe risultare particolarmente attraente. Leggendo alcuni di quei passi si potrebbero trovare soluzioni impensate, inaspettate ispirazioni. Presunte verità svelate.
Perché in fondo la parola non si limita a descrivere la realtà, in qualche misura la determina. E a noi spetta il compito più misterioso e straordinario, quell’alito lieve che tiene sempre viva la fiamma del discorso: l’interpretazione.
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