Il Thalberg della chitarra. Le prime registrazioni assolute di fantasie su temi operistici. Il cd di Enea Leone è l’occasione per approfondire due compositori del secolo difficile della chitarra (l’Ottocento) oscurata dalle grandi sonorità romantiche
di Lorenzo Galesso
La pubblicazione dell’ Air varié de l’opera de Bellini ‘I Capuleti e i Montecchi’ di Giulio Regondi risale al 2008 e, considerate le pochissime composizioni del chitarrista e compositore genovese, ebbe grande eco nel mondo delle sei corde. C’era chi si augurava di poterla presto ascoltare eseguita «da qualcuno dei “giovani leoni” che popolano ormai abbastanza frequentemente il mondo dei concerti e dei concorsi» (Francesco Biraghi sul n. 142 de il Fronimo, 2008). Fatta questa premessa, verrebbe da pensare che ci si rivolgesse a Enea Leone, chitarrista di chiara fama, il quale pubblicò due anni dopo un disco intitolato Souvenir (pubblicato da Stradivarius) contenente la suddetta opera, insieme ad altri splendidi brani di Giulio Regondi e Napoléon Coste.

Regondi e Coste furono due importanti chitarristi e compositori, attivi alla fine del XIX secolo. Lo smisurato talento di Giulio Regondi (1822 – 1872), violentemente coltivato dalle vessazioni di un padre padrone, lo portò a cominciare la sua attività concertistica all’età di 5 anni, esibendosi in tutta Europa e suscitando l’ammirazione di molte grandi personalità coeve/del tempo, fra cui Niccolò Paganini e Giuseppe Mazzini; anche Napoléon Coste (1805 – 1883) a Parigi subì da piccolo la volontà del padre il quale, da ligio ufficiale dell’esercito francese qual era, desiderava che anche il figlio intraprendesse la carriera militare. Fortunatamente, in seguito ad una grave malattia che lo portò a un passo dalla morte e lontano dai campi di battaglia, Coste poté dedicarsi interamente alla musica.

Di notevole importanza, perché prime registrazioni inedite assolute, sono le fantasie su temi operistici, ovvero Air varié de l’opera de Bellini ‘I Capuleti e i Montecchi’ e la Fantasie über Mozarts ‘Don Giovanni’ di Giulio Regondi. Questi due brani furono composti in giovane età e prendono spunto da alcune parafrasi pianistiche di Sigismund Thalberg, celebre virtuoso con cui Regondi si esibì in concerto. Trattandosi di trascrizioni abbastanza fedeli all’originale, il livello di difficoltà è estremamente elevato; Enea Leone ha posto notevole attenzione ai passaggi più complessi (impervi salti d’ottava, agili scale e arpeggi vorticosi), sacrificando in alcuni casi la tipica cantabilità operistica in favore del gesto, del virtuosismo puro e semplice.

Di tutt’altra temperatura affettiva sono Revêrie, Nocturne op. 19 e Introduction et Caprice op. 23. Queste due opere, composte nella maturità, rappresentano il culmine della sua produzione chitarristica. Il sistematico e totale impiego di ogni mezzo tecnico ed espressivo della chitarra è notturno Revêrie: al termine della zona centrale, sezione basata su una condotta polifonica a quattro parti reali, si evidenzia una ciclopica progressione ascendente che si sviluppa per tutta la tastiera, giungendo infine al registro acuto (non a caso dopo queste due composizioni Regondi abbandonò la chitarra per dedicarsi alla concertina)
Qui Leone dà prova di tutto il suo talento, unendo al virtuosismo trascendentale (suo indubbio marchio di fabbrica) e giusto equilibrio fra le parti, mutando sapientemente fraseggio, timbro e agogica.
Le suddette composizioni regondiane fungono da splendida cornice a Les Soirées d’Auteuil – Serenade op.23, Caprice ‘La Cachuca’ op.13 e i Souvenirs du Jura op. 44, che danno il titolo al disco. Se nel Caprice ‘La Cachuca’ op.13 l’elemento strutturante è di natura popolare (la Cachuca è un ballo andaluso simile al bolero), nell’opera 23 e 44 prevale nettamente l’elemento descrittivo. Emblematico è l’utilizzo degli armonici e del registro acuto nelle prime battute dei Souvenirs du Jura:
Il suono dolce e ovattato degli armonici d’ottava descrive l’atmosfera rarefatta delle vette del Giura, la neve fresca e l’aria limpida. Allo stesso modo il compositore ha cercato di caratterizzare Les Soirées d’Auteuil con un’atmosfera più cupa e notturna, scossa dagl’improvvisi lampi dello scherzo:
Ovviamente una tale complessità e varietà di sfumature, sia espressive che compositive, sarebbe impossibile da riprodurre se l’esecutore non fosse adeguatamente preparato a tale compito. Enea Leone, con la sua magnifica registrazione, permette a qualsiasi ascoltatore, dal neofita all’esperto, di godere di alcune delle opere più belle del repertorio chitarristico ottocentesco.
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