[wide]
[/wide]
Messe de Notre Dame: la prima messa interamente polifonica e riconducibile integralmente ad un unico autore. Autorevole interpretazione del prestigioso ensemble vocale
di Cecilia Malatesta
D oveva essere un’esperienza per noi oggi inimmaginabile l’ascolto della Messe de Notre Dame di Guillaume de Machaut nelle condizioni per le quali era stata composta, per una commemorazione mariana domenicale da celebrare in una piccola cappella laterale della cattedrale di Reims. Il tutto alla presenza di una dozzina di persone, cantori compresi.
In ogni caso, una performance molto diversa da quella che ha avuto luogo la sera del 20 luglio in San Simpliciano all’interno del cartellone di Milano Arte Musica: basilica gigantesca, gremita e caldissima. Tra colpi di tosse e un cellulare inarrestabile, l’Hilliard Ensemble ha avuto modo di restituire al pubblico milanese l’idea di cosa poteva essere una celebrazione liturgica nel Medioevo, interpolando ai cinque brani dell’ordinarium missae – Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei – mottetti, inni, responsori e graduali tratti dal proprium, ovvero brani che cambiavano a seconda dell’occasione liturgica.
Concerto attesissimo, sia per l’autorevolezza degli esecutori, sia per la rarità dell’evento: un brano con cui molti gruppi si sono confrontati in sala d’incisione, ma che, soprattutto in Italia dove la musica sacra è poco praticata, è davvero raro poter ascoltare dal vivo. Eppure quella di Machaut è un cardine per la storia della musica, la prima messa interamente polifonica e a quattro voci, i cui brani – che solitamente erano opera di diversi compositori e venivano in ogni occasione assemblati diversamente – sono riconducibili all’atto creativo di uno stesso autore.
L’Hilliard Ensemble, tra i più accreditati interpreti della musica antica e con un’esperienza trentennale, propone un’interpretazione fedele alle caratteristiche che hanno fatto grande il gruppo: predilezione per il canto “a cappella”, organico che prevede solo parti reali, esecuzione senza direttore, ma soprattutto un’intonazione eccezionale, un senso melodico e un controllo dell’impasto vocale che hanno reso la performance emozionante e convincente, poco importa se cosa diversa da ciò che si ascoltava sull’altare laterale di Reims, intorno alla metà del Trecento.
Grande successo di pubblico, svariati minuti di applausi con tanto di standing ovation e un bis, Most holy Mother of God, scritta per l’ensemble dal contemporaneo Arvo Pärt, che ha lasciato la chiesa ammutolita e una pelle d’oca che nessuno si sarebbe immaginato in una torrida serata di luglio.
© Riproduzione riservata