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Ieri a Torino con la direzione di Daniele Gatti, programma dedicato a Debussy e Ravel. Questa sera gli interpreti alla Scala per l’apertura del versante milanese del festival
di Attilio Piovano
T utto francese il programma del concerto inaugurale della VI edizione di MiTo che – si sa – si apre, per par condicio, di volta in volta a Torino ovvero a Milano, ad anni alterni. Quest’anno è toccato a Torino inaugurare il Festival (naturale prosecuzione ed evoluzione dello storico Settembre Musica nato nel 1978 nel capoluogo piemontese) e così ieri sera, 5 settembre, al Regio, dinanzi ad una platea gremita, Daniele Gatti è salito sul podio dell’Orchestre National de France. Dapprima le parole di introduzione del sindaco Fassino, poi il ricordo di Piero Farulli, recentemente scomparso e l’esecuzione in suo onore della bachiana «Air» dalla «Terza Suite» per orchestra. Quindi il via all’universo debussiano ed ecco allora l’esordio nel segno del «Prélude à l’après midi d’un faune» dalla conturbante sensualità. Gatti ne ha restituito l’atmosfera delicata e la vaporosa l’estenuazione timbrica delineandone la curva espressiva con raffinatezza. Cura dei dettagli e delle sfumature, prevalenza di mezze tinte, colori pastello e l’apice emotivo a centro pagina. Ciò nonostante mancava un quid di magnetismo che in altre occasioni s’è sprigionato. Di «Iberia» poi è piaciuta soprattutto l’intensità del quadro centrale, per come Gatti ha colto il clima onirico della notte impregnata di aromi, di effluvi e di mistero; bene, comunque sia, anche i movimenti esterni dove la verve ritmica ed il colore locale di ambientazione iberica hanno la meglio, prendendo talora la mano e virando verso l’effettistico. La lettura iper analitica di Gatti se ha il pregio di evidenziare timbri e colori puri, per contro mette un po’ tra parentesi quelle agglutinazioni che di Debussy sono un elemento irrinunciabile. Impossibile, pur tuttavia, restare impassibili dinanzi all’effervescenza euforica del terzo quadro «Le matin d’un jour de fête», con quegli ebbri squarci di luce e quelle incandescenze che tuttora stupiscono per modernità di soluzioni timbriche.
Molto apprezzata (e poi calorosamente applaudita) l’esecuzione de «La mer», fin dall’esordio brumoso ed informe: un vero tripudio, poi, nei due quadri successivi, magnifica vetrina per l’orchestra, in buona forma in tutte le sue sezioni, capace di sfoderare fortissimi corposi e mai sguaiati e delicatezze timbriche, giù giù sino al colorismo abbacinante dell’epilogo. Da ultimo in programma il Ravel della «Valse» che s’era ascoltata pochi giorni fa a Stresa, diretta da Gatti stesso, alla guida della Gustav Mahler Jugendorchester dal ‘colore’ assai diverso rispetto ad ONF (la recensione su questa stessa rivista); si è avuta ulteriore conferma della cifra interpretativa di Gatti circa questa pagina eccelsa della quale attenua per lo più il senso del tragico (per non ripetere ci si permette di rimandare alle argomentazioni proposte recensendolo a Stresa) a vantaggio della nitida squadratura dei ritmi e la valorizzazione di quelle parossistiche accensioni che da ultimo innalzano la pagina alla sua massima temperatura emotiva. Ancora una volta quel coagularsi di straniti lacerti di valzer e quello charme di matrice segnatamente francese hanno sedotto la platea grazie ad una performance di innegabile classe sicché la trascinante coda ha innescato l’immancabile ovazione. Due e assai graditi i bis, non certo casuali, bensì sagacemente accostati ai brani in programmi, sì da rimandarne ed amplificarne ulteriormente i contenuti espressivi. E si è trattato del pucciniano «Intermezzo» dalla «Manon Lescaut» (apprezzato omaggio al melodramma italiano e in particolare al Regio ed a Torino dove Puccini colse molti dei suoi straordinari successi), «Intermezzo» cui Gatti ha conferito una straordinaria enfasi melodica al centro, evidenziando quei legami con la musica francese che di Puccini sono un vero marchio di fabbrica (ecco il fil rouge col programma); infine le atmosfere mediterranee e solari della «Carmen», come a dire la sottolineatura della visione dell’universo spagnolo contemplato dal côté francese, di cui Bizet fu il vero iniziatore (e il Ravel non già della «Valse», certo, bensì dell’«Habanera» o del «Boléro» il vero culmine).
Questa sera, giovedì 6 settembre, Gatti e l’ONF sono alla Scala: ancora Debussy in programma, si replicano «Prélude à l’après midi d’un faune» e «La Mer» mentre al posto di «Iberia» ci saranno le non meno suggestive «Images». Sul fronte di Ravel è prevista invece l’elegante suite n° 2 dal neoclassico ed ellenizzante balletto «Daphnis et Chloé».
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