Concerti • Per l’Unione Musicale di Torino, la giovane interprete georgiana ha affrontato con energia, raffinatezza e versatilità pagine di Chopin, Ravel, Stravinskij, Schubert-Liszt
di Attilio Piovano
N on ha ancora 26 anni. Ha iniziato a studiare pianoforte in tenera età, tenendo il suo primo concerto con l’orchestra a sei anni; ed ora, ormai entrata meritatamente de jure nel gotha del pianismo internazionale, dispone di un palmarès da far spavento; ha già suonato in mezzo mondo e vanta collaborazioni con prestigiose istituzioni, debutti alla londinese Wigmore Hall, alla Carnegie Hall di New York, a Vienna e via dicendo, suona ormai regolarmente con le orchestre della BBC eccetera eccetera: riportare anche solo una sintesi del suo curriculum occuperebbe molte righe (c’è il web e i lettori sanno dove e cosa cercare). Si tratta della georgiana Khatia Buniatishvili che mercoledì 13 febbraio a Torino ha tenuto un applaudito recital per l’Unione Musicale, in Conservatorio, dinanzi ad una sala straordinariamente affollata, nonostante la serata gelida.
Apertura nel segno di Chopin del quale la Buniatishvili è raffinata interprete (medaglia di bronzo alla XX edizione del “Rubinstein” e «miglior interprete» di Chopin «preferita dal pubblico»). E subito in apertura della celeberrima Sonata op. 35 si è compreso quanto saldo sia il senso della forma in questa ancora giovane interprete. Nel primo tempo, per parte nostra, abbiamo apprezzato sia il concitato incalzare delle frasi, sia i cantabili di indicibile bellezza, un tocco raffinato e delicato, ma anche molto vigore dove occorre. Dello Scherzo, sublime e “volante”, la Buniatishvili ha privilegiato il lato “energetico” (sacrificando qualcosina all’intensità), ma anche qui imponendosi con cantabili di rara limpidità. Poi la superba Marcia funebre apparsa magnificamente intensa e calibrata, niente smancerie, molto pathos e, nella struggente, virile sezione mediana, ancora cantabili di adamantina purezza e timbrature sapienti. Infine le raffiche rabbiose del fantomatico Finale: tecnica perfetta e sicura e un uso del pedale magistrale, volto a rivelare la natura pre-impressionistica della sconvolgente pagina di lancinante concisione.
Poi incursione nel ’900 con la versione per pianoforte solo della raveliana Valse dalle angolose frasi, a tratti cubiste. E qui si è ammirata la capacità di ricreare i timbri dell’orchestra, soprattutto, in una fantasmagoria di colori stupendi: una lettura lucidamente novecentesca, la sua, capace di mettere in luce gli aspetti quasi “nevrotici” del capolavoro di Ravel (lievemente a scapito di quegli abbandoni e quegli sguardi nostalgici al passato che – pure – ne costituiscono una delle componenti imprescindibili). La Buniatishvili – fisico da sirena, capelli corvini, lungo vestito nero e sandali con strass – possiede un grado di virtuosismo elevatissimo ed ecco che su questo ha puntato per l’impervia partitura raveliana dalla serrata ratio compositiva; forse qua e là qualche indugio, un poco di souplesse avrebbero giovato per restituire il senso di quel farsi e disfarsi delle superlative immagini, risucchiate come in un vortice magmatico. Ma ha saputo rendere il senso di vertigine, quel conflagrare disperato di ritmi e brandelli melodici, destinati a soccombere infine nel fatalismo tragico, quasi horror vacui, dell’ultima parte, acuminata e parossistica.
Applausi scroscianti e meritati e così pure in chiusura di serata dopo lo Stravinskij di Petruška (Trois mouvements): esemplare, quasi paradigmatico l’attacco della Danza russa, per energia, stacco del tempo, nitore di fraseggi e luminosità, bene il senso del grottesco in Chez Petruška (soltanto avremmo voluto qualche respiro e un pizzico di humour in più: si è presa troppo sul serio), ma poi il polverio pirotecnico della Settimana grassa ci ha trascinato in un tourbillon di timbri fascinosi (un uso del pedale, ripeto, davvero esperto e “creativo”). A centro serata, tre celebri Lieder schubertiani nella versione ipertrofica di Liszt; bene Ständchen dalla insistita mestizia melodica, con quel tema lirico, benino anche Gretchen am Spinnrade, mentre in Erlkönig la bella Buniatishvili s’è fatta a nostro avviso prendere la mano, quanto a velocità e vigore, privilegiando l’aspetto atletico e finendo per annacquare un poco la profondità di questo poema tragico e disperato. Ma si trattava pur sempre della versione secundum Liszt e lei se lo può permettere.
Vero e proprio trionfo di pubblico e ben tre bis, due pagine delicate (Chopin, Preludio in mi minore op. 28 n. 4 e Liszt, Sogno d’amore) ad incastonare il Finale (Precipitato) dalla Settima Sonata op. 83 di Prokof’ev dalle irte dissonanze e dalle infuocate, martellanti frasi: affrontato con dita d’acciaio, un’enorme riserva di energia, pur a fine concerto, e a velocità incredibile, ben oltre i “limiti di legge”, quasi tutto in fuori giri… ma la ragazza sa essere spericolata senza mai andare in testacoda, e con un’energia nelle ottave dei bassi splendidamente forsennata; magnifica e indimenticabile, a riconferma della versatilità di un’interprete che pur così giovane sa trascorrere dai romantici al ’900 con una naturalezza ammirevole.
.superba interprete dei sensi del compositore e dei suoi nell’interpretarli.paolo zirilli,pianista pour la merveilleuse kathja buniatishvili.
la migliore pianista che io ho ascoltato in vita mia. Favolosa Katia nel suo dialogo con Zubin Mehta ne concerto per piano di Ciaikowski
Credo di non essermi mai entusiasmato così tanto come a sentir suonare il pianoforte interpretando i vari autori romantici e non dalla fantastica Khatia Buniatiswilji. Sa essere ghiaccio e fuoco, Luna e Sole, mai scontata, e addirittura imprevedibile!! Magnetismo puro!!! Grazie , gentile Khatia per queste emozioni che regali al mondo!!! Meriteresti l’applauso anche del sommo Benedetti Michelangeli!! A te felicità e lunga vita!!
Mi piace la recensione e condivido il giudizio entusiastico. Ho avuto la fortuna di ascoltare la signora Khatia buniatishvili dal vivo! Indimenticabile.
Potreste inviarmi per favore future vostre recensioni di concerti di pianisti e violinisti’
Vi sarei molto grato.
Cordiali saluti
Juergen Koehler