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Concerti • Dall’esperienza con i Berliner al debutto con l’Orchestra Mozart. Denominatore comune: Claudio Abbado
di Corina Kolbe
«L’esperienza con Claudio Abbado quando dirigeva i Berliner ha cambiato completamente la mia percezione della musica», dice il violinista israeliano Guy Braunstein che il 1 e 2 maggio debutterà con l’Orchestra Mozart a Bologna, prima in una formazione cameristica e la sera successiva come solista nel Concerto per violino e orchestra n.2 di Prokof’ev sotto la bacchetta di Abbado. All’età di ventinove anni Braunstein era già un solista di fama internazionale quando nel 2000 entrò a far parte dei Berliner Philharmoniker come primo violino di spalla. Abbado, allora direttore principale, trasmetteva ai musicisti la sua convinzione di fare musica da camera anche con una grande orchestra. In Braunstein la sua lezione ha trovato subito terreno fertile. «Già nelle prime prove con i Berliner ho capito che con lui si poteva fare musica in un modo per me completamente nuovo, con un approccio allo stesso tempo intellettuale ed emozionale», ricorda in un’intervista a Il Corriere Musicale. «Con Claudio si suona sempre in un ensemble cameristico. I musicisti non seguono semplicemente la sua bacchetta ma tutti si ascoltano».
Nato a Tel Aviv nel 1971, Braunstein cominciò a studiare il violino a sette anni, perfezionandosi con Chaim Taub e più tardi con i virtuosi Glenn Dicterow e Pinchas Zuckerman a New York. Da allora ha suonato come solista con orchestre come Israel Philharmonic, Tonhalle-Orchester Zürich, Bamberger Symphoniker o la Filarmonica della Scala. Con i Berliner debuttò nel 1992 nel Triplo concerto di Beethoven sotto la guida di Zubin Mehta. Già a quindici anni aveva studiato per la prima volta il concerto di Prokof’ev che suonerà ora a Bologna. «A casa dei miei genitori ho ascoltato un disco con Jascha Haifetz e la Boston Symphony Orchestra diretta da Charles Munch. La musica mi è entrata direttamente nel cuore. Il giorno dopo ho comprato le note del brano, e da allora l’ho eseguito numerose volte. Prokof’ev mi è sempre vicino perché in breve tempo riesce a esprimere emozioni contrastanti».
Uno dei momenti indimenticabili con Abbado sul podio è stato il ciclo con le sinfonie di Beethoven, eseguite e incise su dvd nell’Auditorium Parco della Musica a Roma nel 2001. «Nel giro di soli sei giorni abbiamo suonato tutte le sinfonie e i concerti per pianoforte di Beethoven. È stata un’esperienza particolarmente emozionante, non soltanto per noi musicisti. Intuivo che anche tutti gli ascoltatori in sala fossero consapevoli di assistere a concerti irrepetibili che poi sarebbero entrati nella storia». L’anno successivo Braunstein ha anche partecipato agli ultimi concerti dei Berliner con Abbado nelle vesti di direttore principale. «A Palermo, nella prova generale del Concerto per l’Europa nel Teatro Massimo, gli abbiamo fatto una piccola sorpresa. Quando ha dato l’attacco per l’Ouverture di Egmont di Beethoven abbiamo suonato invece l’Inno di Mameli. Non dimenticherò mai l’espressione del suo viso».
Da Palermo si proseguiva per Napoli, Firenze, Ferrara, Brescia, Torino e Vienna. La foto di Claudio Abbado dopo l’ultimo concerto nella Sala d’Oro del Musikverein, su un palcoscenico coperto di fiori, è rimasta impressa nella memoria di tutti. «Eravamo felici ma anche tristi», si ricorda Braunstein. «Non avevamo mai vissuto momenti così grandi, eppure eravamo un po’ malinconici perché è stato anche il nostro congedo da Claudio. Sapevamo che sarebbe poi tornato come direttore ospite ma non è più la stessa cosa».
Anche Guy Braunstein a fine giugno darà l’addio alla sua orchestra per dedicarsi interamente alla carriera da solista e direttore d’orchestra in tutto il mondo. Dal 2006 è direttore artistico di un festival di musica da camera a Rolandseck vicino a Bonn dove lo raggiungono spesso altri musicisti dei Berliner. Da diversi anni suona anche nella West-Eastern Divan Orchestra di Daniel Barenboim, assieme a colleghi israeliani e arabi. Anche se la situazione in Medio Oriente in questo momento è assai complicata, Braunstein mantiene sempre la speranza che l’orchestra un giorno possa suonare in Israele così come in tutti i paesi arabi.
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