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Concerti • Il pianista russo, secondo premio ex-aequo al concorso Chopin nel 2010, ha suonato per la Società dei Concerti presentando un programma romantico
di Luca Chierici
[IL] 2010 è stato davvero un annus mirabilis per il Concorso Chopin di Varsavia, non tanto per la scelta del primo premio assegnato a Yulianna Avdeeva, quanto per la pur discutibile attribuzione delle categorie successive a un gruppo di giovani dotatissimi e pieni di inventiva. Ricordiamo che il verdetto della giuria aveva indicato un secondo premio ex-aequo al russo-lituano Lukas Geniušas e all’austriaco Ingolf Wunder, il terzo premio al russo Daniil Trifonov e il quarto (clamorosamente rifiutato) al bulgaro Evgenij Bozhanov. Nulla di strano, si potrebbe notare, se non fosse che per vari motivi i quattro ragazzi hanno intrapreso una carriera di livello eccezionale e si sono parallelamente distinti nel contesto di altri prestigiosi concorsi internazionali. Ci eravamo recentemente occupati su queste colonne sia di Bozhanov che di Trifonov, e della Avdeeva si era letta qui la recensione di un concerto bolognese da parte di Andrea Bellini: non solamente per questioni di par condicio ci sembra oggi doveroso riferire del recentissimo debutto milanese di Lukas Geniušas, che ha tenuto un recital di tutto rispetto per la Società dei Concerti di Milano.
Geniušas, nato a Mosca e oggi 23enne, è figlio di un noto pianista lituano, Petras, e ha seguito la formazione curriculare tipica dei ragazzi-prodigio in un paese che davvero dedica attenzioni e risorse alle proprie eccellenze secondo un sistema meritocratico nel senso positivo del termine. Al contrario di Trifonov e Bozhanov, Geniušas si presenta al pubblico con estrema semplicità, da bravo ragazzone che ha con la musica un rapporto sicuramente confidenziale ma non viziato da particolari atteggiamenti divistici né da un approccio troppo sofisticato. Ci ha ricordato, per certi versi la spontaneità, la naïveté del Lazar Berman prima maniera, e anche il “peso” di un suono che per altri versi rappresentava in quei tempi davvero una caratteristica distintiva del grande pianista scomparso. La stessa scelta del programma presentato l’altra sera faceva pensare alle pietanze pantagrueliche proprie di una certa categoria di pianisti russi fin dai tempi del leggendario Anton Rubinštein: una impaginazione (i 24 studi di Chopin e la Sonata di Liszt) estremamente impegnativa, e proibitiva per gli innumerevoli confronti che era naturale avanzare.
Geniušas ha portato a termine questo gravoso compito con convinzione e risultati interpretativamente sempre condivisibili, con alcune proposte davvero interessanti e in certo modo inedite (l’undicesimo studio dell’op.10, ad esempio, era esposto a una velocità inferiore alla tradizione permettendo la realizzazione di squisiti effetti sonori che solitamente non vengono messi in luce).
Il pianista è in grado di contare sul raggiungimento alla tastiera di una differenziazione timbrica coerente con i tradizionali piani della vocalità, che era funzionale a una perfetta realizzazione dell’impianto narrativo della Sonata in si minore pensata secondo il mito faustiano. Certo Geniusas non ha dalla sua certe abilità che sarebbero state auspicabili nella resa ottimale del programma: le sue ottave nell’insidiosa parte iniziale della Sonata non erano così sicure, anche perché sembravano ottenute con una tecnica mista di polso e di avambraccio impiegata per raggiungere un perfetto staccato là dove quasi tutti i pianisti preferiscono intervenire con un peso maggiore per rendere minimo il rischio di errori, travisando volutamente la notazione originale del compositore. E ancora negli studi di Chopin Geniusas non mostrava di possedere quelle doti naturali concesse a pochissimi pianisti (pensiamo soprattutto a Maurizio Pollini) che sole permettono di eccellere in ugual maniera nei problemi tecnici più disparati e allo stesso tempo di rispettare il significato particolare di ognuno dei ventiquattro numeri. Era quindi inevitabile notare una certa disparità di esiti a livello puramente tecnico, ferma restando l’ammirazione per una lettura complessivamente molto soddisfacente.
E anche nei due bis il pianista russo ha mostrato le sue doti di gusto e di intelligenza ricordando, come spesso accade nel caso dei suoi giovani colleghi, l’arte e l’esempio inarrivabile di due grandi interpreti storici: Sviatoslav Richter veniva evocato in un vertiginoso Interludium dal Ludus Tonalis di Hindemith, Sergei Rachmaninov attraverso la sua trascrizione del gioioso Hopak di Musorgskij.
Recital del pianista Lukas Geniušas, Milano, Società dei Concerti, 8 Maggio