![Soqquadro Italiano ad Arezzo](http://www.ilcorrieremusicale.it/wp-content/uploads/2013/11/2013-Nov.-AREZZO-Concerto-Soqquadro-166-1.jpg)
Antica • L’ensemble Soqquadro Italiano contamina la musica del Seicento con atmosfere e gusti contemporanei
di Cecilia Malatesta
IL PIEDE TIENE IL TEMPO, a fatica si trattiene la gamba che saltella e il fianco che vorrebbe fluttuare liberamente al ritmo della chitarra barocca, terribilmente simile all’accompagnamento di una danza spagnola. Ballare sulla musica del Seicento è un’esperienza nuova, ma, del resto, ci sono i tamburi a cornice, c’è il cajon, il djembé, il salterio, il kazoo; e poi la tiorba di Simone Vallerotonda e il violoncello barocco di Ludovico Minasi, che, per ciò di cui è capace, ci si chiede se sia solo un violoncello o qualcosa di più. Who’s afraid of Baroque (in scena al Teatro Virginian di Arezzo) non è un concerto, ma uno spettacolo che mescola musica, canto e recitazione, cantate, passacaglie, ciaccone, poemi e canzoni popolari in un’operazione che nulla ha di autentico nella prassi, ma lo è fermamente nelle intenzioni. Il progetto di Claudio Borgianni non è infatti quello di snaturare il linguaggio nel tentativo di rendere più fruibile un repertorio di nicchia, ma di smembrare e rimescolare le trame compositive per far emergere e mettere in connessione gli elementi antichi con la nostra sensibilità. È pensare la musica per quello che era, come un mezzo e non un fine, un momento ludico che oggi troppo spesso si perde nella ricerca di un’esperienza estetizzante che si vuole sia solo alta e colta; è il volersi rivelare, invece, uno strumento per dirci qualcosa di ieri ma soprattutto di oggi, come ricorda il «Si salvi chi può» dal mondo alla rovina della cantata di Stradella.
![2013-Nov.-AREZZO-Concerto-Soqquadro 144](http://www.ilcorrieremusicale.it/wp-content/uploads/2013/11/2013-Nov.-AREZZO-Concerto-Soqquadro-144.jpg)
La voce straordinaria di Vincenzo Capezzuto, dalla naturale tessitura di contralto, ricama fioriture di melodie barocche che acquistano impensabile modernità e si rotola nelle risa sguaiate e nelle battute da commediante dell’Arte, passando senza sforzo e in un ben calibrato continuum dalla declamazione di pometti napoletani ritmati dagli schiocchi delle dita, a note canzoncine fischiettate con infantile divertimento, ai virtuosismi vocali di un finale vorticoso, con La Canzone del Guarracino, dal ritmo serratissimo che beneficia ancora una volta delle sue capacità mimiche e attoriali. È tutto un muoversi in bilico su un sottilissimo crinale, un continuo spaesamento e un continuo ritrovarsi in atmosfere familiari, nelle sonorità del pop e dei ritmi jazzati e swingati delineati dai tre musicisti ottimi nei brani strumentali e che partecipano con convinzione alla drammaturgia – Marco Muzzati impegnato in un teatrale canto calabrese sul tamburo – in un complice dialogo improvvisativo e con i gesti di Capezzuto. Un susseguirsi ben orchestrato che non abbandona un attimo il pubblico entusiasta al quale regala due bis – e paiono pochi – e l’esempio di un prodotto di raffinata ricercatezza ma assoluta immediatezza e semplicità che funziona anche in un piccolo ed essenziale contesto, pur avendo probabilmente solo da guadagnare da una grande produzione. Suggerendo che questo sia uno dei modi più validi e necessari di fare musica antica, il Barocco di Soqquadro Italiano non fa paura, è finalmente un po’ più “nostro”.
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Soqquadro italiano | Festival I Grandi Appuntamenti della Musica | Arezzo, Teatro Virginian, venerdì 15 novembre
Bell’articolo, ben scritto. Anch’io ho assistito e recensito lo spettacolo, in senso al festival di Viterbo ( http://www.gbopera.it/2013/08/viterbo-soqquadro-italiano-who%E2%80%99s-afraid-of-baroque/ ): straordinariamente suggestivo!