
Catania, Messina, Palermo: atlante (drammatico) delle problematiche del teatro d’opera
di Santi Calabrò
TEMPI DURI PER IL TEATRO D’OPERA IN SICILIA. L’allarmante situazione del Teatro Bellini di Catania è evidente per un verso dalle cifre, per altro verso dagli atti, dalle decisioni politico-gestionali e ancor più dalle “non decisioni”. Dei finanziamenti attesi dalla Regione per il 2013 (14,8 mln) finora ne sono arrivati solo 4,8. La mancanza di liquidità, unita a un bilancio che non ha ancora un consuntivo 2013, comporta ritardi enormi nei pagamenti dei dipendenti (in questi giorni gli stipendi sono stati “annunciati” sino a novembre, ma di fatto si è fermi ad agosto), oltre che di artisti e fornitori. Attualmente il Teatro non ha commissario né Consiglio di Amministrazione; nessuno che possa firmare una delibera. A ciò si aggiunge che il Commissario Alessandra Di Liberto, il cui mandato è scaduto a fine novembre, è uscito di scena con un colpo a sorpresa: una delibera con cui revoca al 31 dicembre i contratti del direttore artistico Xu Zhong (scadeva nel 2016) e del maestro del coro (scadeva 2014); contestualmente, Di Liberto non ha rinnovato tutti gli altri contratti professionali, fra cui quello del direttore degli allestimenti scenici, della segretaria della direzione artistica, del capo ufficio stampa, dell’addetta alle pubbliche relazioni, e di una serie di altre figure nevralgiche. La conferma di professionisti che da anni fanno funzionare il Teatro viene dunque, di fatto, messa in forse.
Era doveroso attendersi, a questo punto, una solerte nomina del Consiglio di Amministrazione, ma nonostante la promessa del governatore regionale Rosario Crocetta di intervenire, ancora non si registra alcuna novità. In questa situazione non è stato possibile varare la stagione lirica 2014. Se Catania piange, Messina non ride: passato il commissariamento, anche al Teatro Vittorio Emanuele niente Consiglio di Amministrazione, risorse insufficienti per la programmazione artistica (decurtazioni e ritardi mettono a rischio gli stessi stipendi) e addirittura un bando pubblico per reperire direttori artistici che lavorino gratis! Intanto gli spettacoli in abbonamento, sempre a Messina, sono rinviati a data da definire. Ormai il commissariamento è diventato un rito, nell’Isola: al Massimo di Palermo c’è ancora il Commissario Fabio Carapezza Guttuso. A questo punto, avere un commissario in carica sembra la realtà più normale e persino auspicabile. Una situazione del genere in Sicilia non si era mai vista e le domande sorgono spontanee: c’è una strategia rispetto al futuro di questi Teatri? Forse la lentezza della politica è voluta? Spingere la tensione all’estremo non sarà un mezzo per poter meglio lottizzare e meglio dominare le Istituzioni? Il paradosso è che tanta inerzia sembra derivare anche dal complesso avvio di un iter che dal di fuori sembrerebbe nuovo e virtuoso: la riforma promossa dall’assessore regionale Michela Stancheris, che dovrebbe portare a un fondo unico, sul modello del FUS statale, e a finanziamenti che premino la progettualità e la gestione virtuosa. Quanto al garantire le giuste tempistiche, punto cruciale per riformare senza distruggere i meccanismi delicati dei teatri d’opera, la Regione sembra al momento tutt’altro che virtuosa. I fatti parlano. E nei teatri si smette di cantare e di suonare.
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