
Giunge al termine la quinta edizione del festival fiorentino di musica contemporanea. Spicca l’omaggio al poeta svedese, premio Nobel nel 2011 per la letteratura
di Daniela Gangale
SI È CONCLUSA domenica scorsa, 5 ottobre, la seconda parte di music@villaromana, il festival fiorentino di musica contemporanea, giunto ormai alla sua quinta edizione. Per tre giorni musica nuova è stata proposta ad un pubblico attento e curioso, che ha riempito la bella villa sulla via Senese, acquistata nel 1905 dal pittore Max Klinger, amico di Johannes Brahms, e da allora fucina di giovani talenti artistici che qui soggiornano grazie a borse di studio. Ci soffermiamo sul luogo prima di passare a recensire la musica, come già avevamo fatto a giugno in occasione della prima parte del festival, per ribadire il fatto che lo spazio in cui si fa musica non è indifferente. Lo spettacolo dal vivo è infatti il risultato alchemico dell’interazione tra performers e pubblico all’interno di uno spazio, che influenza da vicino la percezione del messaggio artistico e la sua emotività. In questo senso Villa Romana è uno spazio minimalista ma intenso, con una storia forte legata all’arte e alla cultura d’avanguardia, che a nostro avviso concilia particolarmente la ricezione del nuovo.
E di nuovo si è ascoltato tanto in questi giorni: ben tre prime assolute e varie prime italiane di compositori italiani e stranieri. Il progetto che ha aperto il festival, Trance-Tromer: Words and Sounds around Tomas Tranströmer, ideato da Francesco Dillon ed Emanuele Torquati si è rivelato particolarmente riuscito. Articolato in 10 momenti, si offre come un itinerario poetico musicale attraverso alcuni passi dell’opera di Tomas Tranströmer, Nobel svedese per la letteratura nel 2011. Non si è trattato però di un tradizionale reading di poesie alternato a brani musicali; i due artisti hanno chiesto ad alcuni musicisti di registrare in modi diversi (al telefono, al computer) e in lingue diverse alcuni testi del poeta che è, tra l’altro un ottimo pianista e ha collegato molti dei suoi versi a brani musicali. A ciascun testo è stata abbinata una composizione, scelta attraversando in maniera inconsueta la storia della musica da Liszt a Sciarrino oppure appositamente commissionata. Gli ideatori di Trance-Tromer hanno chiesto infatti a Laurent Durupt e Silvia Borzelli una libera interpretazione di due testi del poeta; ne sono scaturiti due brani piuttosto diversi ma egualmente interessanti. Il francese Durupt ha privilegiato una scrittura minimalista a note giustapposte, quasi ciottoli sonori gettati verso l’ascoltatore e inframmezzati a frammenti di parlato rielaborati elettronicamente mentre l’italiana Borzelli ha posto il focus sull’elemento ritmico, usando nella performance anche il corpo degli strumenti in maniera percussiva e conferendo al suo brano un’atmosfera di sospensione e attesa.

Di grande interesse si sono rivelate anche le prime italiane di due compositori della scena londinese, l’australiano Matthew Shlomowitz e l’inglese Joanna Bailie, che sono state ascoltate nella seconda giornata del festival grazie all’ensemble Alter Ego. Shlomowitz ha proposto due brani pieni di energia e di humor: in Fast, medium, swing blocchi accordali al pianoforte sono intervallati da pause come in un moderno hoquetus che ingloba anche versi di animali registrati, quasi una irruzione della natura nel tessuto musicale dall’effetto profondamente autoironico; in Left, right, up, down, pogo il flauto solo descrive una linea estremamente movimentata, piena di accenti e sforzati che l’interprete rende ancora più tangibili attraverso movimenti del corpo e dello strumento, in una sorta di danza rock. In Artificial Environments 1-5 Bailie ha invece creato una serie di ambienti artificiali, descritti dalla propria voce registrata e poi agiti dalla musica suonata dal quintetto, realizzando una composizione di grande eleganza.
Non è possibile in questa sede dare conto di tutta la musica ascoltata (circa 25 brani se non abbiamo contato male) ma vogliamo sottolineare la competenza e il talento degli interpreti: tanto il duo Dillon Torquati quanto il pianista e direttore Mark Knoop e l’ensemble Alter Ego composto da Aldo Campagnari, Paolo Ravaglia, Manuel Zurria e Oscar Pizzo hanno dato vita a performances di elevatissimo livello, regalando al pubblico, grazie al proprio talento e all’esperienza acquisita in anni di studio dedicati alla contemporanea, la possibilità di essere stupiti, abbracciati, irretiti e stropicciati dalla musica nuova, vero specchio dei nostri tempi. Attendiamo con curiosità la sesta edizione del festival, certi che anche questa seconda parte del festival 2014 abbia piantato semi musicali dagli sviluppi imprevedibili in ciascuno degli ascoltatori.