Uri Caine e Mario Brunello all’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
di Simone Ciolfi
NEL VASTO MARE DELLA MUSICA di Johann Sebastian Bach ci sono composizioni pensate per un pubblico inteso come nutrito gruppo di ascoltatori e composizioni destinate al diletto di più o meno benestanti o principeschi amatori: i ‘dilettanti’, appunto. In queste ultime la musica dialoga con chi la esegue, siano uno, due o più esecutori, e dà vita a un universo intimo e raccolto. La magìa di portare tale intimo messaggio a una grandissima fetta di pubblico l’hanno favorita la discografia e il mondo dell’organizzazione concertistica. Queste realtà hanno offerto agli esecutori la possibilità di trasformare quell’intimo messaggio, destinato a pochi, in un intimo messaggio destinato a tanti. È il caso della Suite per violoncello n. 3 e delle Sonate per violoncello e pianoforte n. 1, 2 e 3 di Bach, eseguite la sera di venerdì 30 da Mario Brunello e Uri Caine per la stagione cameristica dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia.
Nell’ottima intervista di Daniela Gangale (autrice de Il Corriere Musicale, ndr) a Mario Brunello c’è un passo illuminante sulla strategia usata per far giungere a un’ampia platea l’intimo messaggio della musica eseguita: è il risalto dato all’«energia ritmica» (cito Brunello) della musica bachiana, un risultato che chi, come i due artisti citati, ha frequentato il mondo del pop e del jazz, è allenato a ottenere. Del tessuto musicale bachiano sono state dunque evidenziate le fibre portanti, di modo che arrivasse a ogni ascoltatore l’ordito ritmico che sostiene l’espressività della Suite e delle Sonate. Colto quello, la platea ha potuto seguire l’interpretazione dei brani con più facilità, e godere delle tante delicatezze emotive che due esecutori del tale qualità possono riservare. La ‘rete’, il Bach Networks citato nel titolo del concerto, c’è dunque stata, e ogni ascoltatore è stato al contempo singolo utente collegato a una vasta comunità.

L’improvvisazione di Caine al pianoforte, basata su temi delle Variazioni Goldberg, ha creato un’onda d’urto di benefico effetto per la comprensione dei brani che l’avevano preceduta e seguita. Il gioioso furore di Caine ha scosso la platea abituata alle dialoganti figure bachiane, liberando ulteriori energie per l’ascolto. Effetto vitalizzante hanno avuto anche le tre invenzioni per violoncello e pianoforte composte da Caine. Se la seconda, Largo, è animata da un lirismo arricchito da molti chiaroscuri armonici, la prima e la terza vivono dello stesso incessante serpeggiare tematico che anima la musica di Bach. Quella di Caine è una musica effervescente, che ha radici nel linguaggio classico e nel jazz, che lascia l’argento vivo addosso.
Un concerto come questo ci testimonia che la classica ricomincia a vivere, non più solo come monumento, ma come patrimonio vivo, organico, che si confronta col presente, con linguaggi più o meno lontani, che attinge energia in altri campi per aumentare la potenza del suo messaggio di civiltà.