
Il pianista presso l’Istituzione Universitaria dei Concerti in veste di interprete mozartiano e delle proprie composizioni, tra le quali Four Ballads e Nietzsche und Wagner
di Daniela Gangale
IL RECITAL CHE FAZIL SAY ha proposto lo scorso sabato al pubblico romano della IUC prevedeva due parti nettamente distinte: nella prima campeggiava una personalissima e altrettanto godibile interpretazione delle Sonate K457 e K330 di Wolfgang Amadeus Mozart; la seconda invece era tutta costituita da composizioni dello stesso Say, che spesso inserisce brani propri nei programmi dei suoi concerti. Al di là dello specifico compositivo, di cui accenneremo più avanti, è significativo che i brani composti da Say siano sempre collegati alla cultura o alla storia recente del suo paese: è il modo meritorio con cui l’interprete dà il proprio contributo a tenere viva l’attenzione sui problemi e le vicende di uno dei luoghi più caldi dell’Europa attuale. Da sempre la Turchia è una terra di forti contrapposizioni, sospesa tra Oriente e Occidente; recentemente purtroppo è anche luogo di forti tensioni, politiche e sociali di cui lo stesso Say è stato vittima. Il fascino della sua terra che mescola passato e futuro, speranza e difficoltà, bellezza e orrore è contenuto nella sua musica e offerto agli ascoltatori; al di là di vuoti intellettualismi che evidentemente non gli sono congeniali, Say sceglie la carta di un linguaggio comprensibile anche al grande pubblico in cui l’emotività è l’aspetto trascinante, gli impasti timbrici sono assolutamente all’interno di un orizzonte di pensiero compositivo e sonoro d’oggi; l’effetto finale è quello di moderne improvvisazioni più che di partiture a lungo costruite. In Gezi Park 2 op. 52 che veniva eseguita per la prima volta in Italia, una sonata in quattro movimenti che si svolgono senza soluzione di continuità, l’ascoltatore viene trascinato all’interno dell’energia spaventosa generata in una notte di guerriglia tra le strade di Istanbul; mentre le Four Ballads scelte per la serata all’Università dal suo più ampio corpus avevano piuttosto la spontaneità di schizzi emotivi con un innegabile sapore d’oriente, ponti verso mondi esotici che aprono lo spazio al sogno; forse meno riuscito, a nostro avviso, proprio perché più intellettualistico il breve Nietzsche und Wagner che parafrasa alcuni motivi del Tristan und Isolde.
Per Mozart, nella prima parte del concerto, Say ha proposto una lettura romantica di questi capolavori del repertorio sonatistico. Il pianista turco ha attaccato dispiegando subito un grande volume sonoro che ha poi mantenuto per quasi tutti i movimenti, privilegiando l’aspetto di virile energìa di questi testi mozartiani al di là di qualsiasi leziosità viennese. La sua interpretazione è stata accompagnata, come al solito, da una gestualità intensamente teatrale; vedere suonare Say è, infatti, un’esperienza altrettanto interessante che ascoltarlo semplicemente. Questo pianista suona con tutto il corpo, i piedi sollevati da terra a sfiorare i pedali (peraltro pochissimo usati in questo Mozart), l’espressione intensa spesso rivolta al pubblico in una torsione che accompagna il canto a mezza bocca, pure distintamente percepibile in più momenti in tutta la sala.
Il pubblico, che riempiva l’Aula Magna, ha mostrato di apprezzare ampiamente il recital chiamando più volte Say sul palco alla fine del concerto ma non riuscendo a strappargli nemmeno un bis.