L’Ensemble francese diretto da Jérôme Correas: Rameau e Vivaldi
di Simone Ciolfi foto Damiano Rosa
IL REPERTORIO CLASSICO, soprattutto quello del Settecento, ha spesso natura teatrale, anche quando si parla di musica strumentale. Mostrare al pubblico questo brio scenico non è facile, ma quando ci si riesce ciò è molto soddisfacente sia per gli esecutori sia per il pubblico. Nonostante l’impossibilità di Sandrine Piau e della sua sostituta Emanuelle De Negri a calcare il palcoscenico dell’Istituzione Universitaria dei Concerti di Roma, la performance del gruppo francese Les Paladins, diretta da Jérôme Correas e prevista sabato 14 marzo nell’aula magna dell’Università La Sapienza, è andata in porto lo stesso grazie ai soprani Chantal Santon (che ha sostituito la Piau e la De Negri) e Maria Grazia Schiavo (in cartellone sin dall’inizio). Entrambe sono state capaci di dare vita scenica a un programma di musica, arie e altre composizioni vocali di Jean Philippe Rameau e di Antonio Vivaldi, evitando qualunque rischio di piattezza.
È vero che le gioie della teatralità si annidano per natura in pezzi come le arie d’opera di Rameau e, soprattutto, nella musica vocale vivaldiana, che possiede spesso una frizzante energia; ma riuscire a divertire gli ascoltatori e, nel contempo, deliziarli non è cosa da poco. La musica di Rameau esprime un ermetismo cortigiano fatto di ricercatezze che la Santon ha interpretato al meglio delle sue possibilità visto soprattutto il poco tempo avuto a disposizione per prepararlo. Si tratta di avere ‘mestiere’, un mestiere che si è dimostrato utile anche alla resa scenica dei pezzi, risultata estremamente gradevole. Maria Grazia Schiavo ha deliziato il pubblico col nitore dei suoi abbellimenti, la sua brillante agilità e la calibrata intensità delle sue inflessioni espressive. Grazie alla sua voce, Vivaldi ha rivelato tutta la sua vena immaginifica, la capacità di visualizzare in musica la parola poetica.
Nell’ambito della musica strumentale, la Sonata vivaldiana sul tema della ‘Follia’, eseguita da Les Paladins, è stata un’esperienza seducente. Il noto tema portoghese ha sempre avuto un suo magnetismo: il gruppo ha saputo interpretare il nobile portamento barocco di detta danza alla luce del Settecento, che enfatizza il pathos canoro del tema ma rende più elegante e meno solenne il tessuto strumentale. I brani da Les Indes Galantes di Rameau sono stati eseguiti con raffinato bilanciamento timbrico e dinamico; però, l’organico cameristico a parti reali, perfetto per la Sonata vivaldiana, è forse troppo rarefatto per tale musica da balletto.
Come bis le due cantanti si sono divise l’aria Lascia ch’io pianga, di George Frederich Händel, fingendo dapprima reciproca ostilità e poi unendosi in una ripetizione variata del tema principale. Un bell’esempio di cosa vuol dire teatralizzare la musica in concerto, fattore che ha divertito molto il numeroso pubblico.