La monumentale orchestra torna alla Scala dopo dieci anni di assenza. Sul podio il suo Direttore Musicale Sir Simon Rattle. Il concerto ha inaugurato il Festival delle Orchestre Internazionali
di Luisa Sclocchis
LA MUSICA CONQUISTA LA SUA PARTE ATTIVA tra gli eventi eccezionali previsti per la tanto attesa – e altrettanto discussa – edizione milanese dell’Expo. Lo fa fin dall’inaugurazione con una intensa tre giorni firmata dal Teatro alla Scala: dal mega concerto Expo-The opening in Piazza Duomo il 30 aprile, alla prima dell’opera Turandot il primo maggio, per proseguire con il primo concerto del Festival delle Orchestre Internazionali, il 2 maggio. Festival, quest’ultimo, che prevede una serie di appuntamenti fino al 27 ottobre con le più blasonate compagini orchestrali del panorama internazionale. Una carrellata di eccellenze, ospiti della capitale meneghina, tra cui spiccano i Wiener Philharmoniker diretti da Mariss Jansons, l’Orquesta Sinfónica Simón Bolívar diretta da Gustavo Dudamel, la Boston Symphony Orchestra diretta da Andris Nelson, la Israel Philarmonic Orchestra diretta da Zubin Mehta, solo per citarne alcune.
Un’interpretazione che rende appieno ogni singolo slancio espresso dalla complessa scrittura bruckneriana
Ad aprire il Festival, alla Scala dopo dieci anni di assenza, i Berliner Philharmoniker. Coloro che, da sempre, nell’immaginario collettivo rappresentano un ideale di perfezione in musica. Sul podio, Simon Rattle, dal 2002 direttore principale dei Berliner Philharmoniker (il prossimo 11 maggio sarà annunciato il suo successore democraticamente eletto dall’orchestra). «Questa orchestra pensa e risponde con incredibile velocità. […] Forse perché questa città, Berlino, funziona così. Con i Berliner Philharmoniker si può essere certi che i musicisti stanno dando il massimo – sempre. […] Non chiedono come ma perché. Per questo amo lavorare con loro», queste le parole di Rattle. Accolti da un pubblico scaligero entusiasta hanno confermato la fama che li precede.
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Con la fanfara iniziale, Allegretto, e l’insolito schieramento di ottoni della Sinfonietta di Leoš Janáček, si viene catapultati nel carattere festoso e marziale di una composizione dal forte intento patriottico, concepita per esprimere “l’uomo libero contemporaneo, la sua bellezza spirituale e la gioia, la forza, il coraggio e la determinazione a lottare per la vittoria”, e dedicata “Alle Forze Armate Cecoslovacche”. Fu eseguita in prima assoluta a Praga il 26 giugno 1926, annunciata dapprima come Sokol Sinfonietta e divenuta poi Sinfonietta militare. L’esecuzione dei Berliner ne evidenzia sapientemente il ritmato carattere marziale ma anche quello popolare. Impressiona l’amalgama timbrico e la varietà di nuance di cui ogni sezione è capace. Così come la morbidezza degli attacchi e la sensazione di intere file degli archi percepite come unico strumento.
Ma è con la Sinfonia n. 7 in mi maggiore di Anton Bruckner che l’incredibile espressività trasmessa dal chiaro e deciso gesto di Rattle, di cui l’orchestra si fa fedele interprete, emerge in tutta la sua magnificenza. Capolavoro assoluto del genio di Bruckner, la Settima rappresenta una perfetta sintesi di elementi caratterizzanti della sua scrittura dalla forte influenza wagneriana. Una lettura dell’esperienza romantica e un sunto del suo stile sinfonico fatto di forti contrasti e continui chiaroscuri, del fascino dato dalla convivenza di opposti: di sensualità e candore, misticismo e fede, equilibrio e profonda inquietudine. Fin dal primo movimento, Allegro moderato, la tensione spirituale diviene palpabile nell’intensità espressiva delle frasi degli archi, nell’oscurità che lascia improvvisamente spazio ad improvvisi scorci di luce nei temi dei legni. Nell’Adagio, quintessenza della melanconia romantica, momenti di pathos e grande vigore, risolvono in pianissimo carichi di leggerezza trasfigurata e sognante. L’ascoltatore è cullato tra opposti poli emotivi, perfettamente resi da repentini cambi di colore ed eleganti fraseggi, dalla compattezza timbrica, dal perfetto equilibrio d’insieme e dalle ricercate sonorità dei legni. Da un’interpretazione che rende appieno ogni singolo slancio espresso dalla complessa scrittura bruckneriana.
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