Il pianista americano ieri in concerto a Milano: il suo pianismo solido continua ad illuminare Franck, Hadyn e Chopin. Più convenzionale l’approccio a Beethoven
di Luca Chierici
ACCOLTO FESTOSAMENTE dal pubblico della Società del Quartetto che alla fine del recital lo ha applaudito a lungo, Murray Perahia si è presentato nuovamente a Milano con un programma che ricalca le sue preferenze di repertorio con una certa metodicità che non può essere casuale. Negli ultimi venticinque anni almeno, il pianista ha spesso insistito su una impaginazione dei recital che fa capo ai nomi di Bach, Haydn, Beethoven, Chopin, estendendo poco alla volta le sue scelte in comparti molto precisi. Di Bach egli considera essenzialmente il mondo delle Suites (ivi incluse le Partite, o Suites tedesche che dir si voglia); di Haydn e di Beethoven le Sonate; nel caso di Chopin era la volta del completamento del ciclo degli Scherzi, e l’ultimo che mancava all’appuntamento era il primo dell’op.20. Già eseguito a Milano un paio di volte, si ascoltava ancora l’altra sera il Preludio, Corale e Fuga di Franck, pagina che il pianista ama visceralmente e la cui interpretazione tutta condotta sull’onda dell’emotività ricalca il modello sublime di Cortot.
Lo Haydn di Perahia ci è caro perché affrontato sulla base di un coinvolgimento affettivo più che palpabile
Ferme restando le qualità assai elevate di un pianismo i cui contorni stanno oramai scomparendo, quella di Perahia è una figura estremamente difficile da collocare perché carente di una vera e propria progettualità e sostanzialmente in ritardo rispetto a una evoluzione del gusto e della prassi esecutiva che oggi non è possibile ignorare. Il suo Bach, per quanto piacevolissimo, era di moda negli anni Ottanta e già allora si poneva in una sorta di competizione con le ricerche analitiche e di sonorità para-clavicembalistiche condotte molto tempo prima da interpreti come la Tureck e Glenn Gould. Ma negli ultimi vent’anni si sono fatte avanti personalità del calibro di Grigori Sokolov, che riscopre Bach partendo da premesse di prassi esecutiva che affondano le radici in tempi ancora più remoti, e lo stesso Rafał Blechacz – che al Quartetto è spesso ospite – sta portando avanti una lettura delle Partite che è indubbiamente condotta in base a criteri più moderni e interessanti.
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Lo Haydn di Perahia ci è caro perché affrontato sulla base di un coinvolgimento affettivo più che palpabile: dopo avere eseguito nei recital precedenti le sonate nn. 39, 43, 49, il pianista ha svelato a meraviglia ogni segreto della n. 46 puntando sull’impellenza espressiva dello sviluppo nel primo movimento e sullo straordinario percorso narrativo che si può estrapolare dall’Adagio, uno dei momenti più alti della creatività del musicista austriaco. Ancora sull’onda dell’emozione Perahia ha eseguito l’Andante con variazioni in fa minore, pagina la cui grandezza non è neppure commentabile. Molto convenzionale è invece apparsa la lettura della sonata Al chiaro di luna, esempio di come manchi in Perahia il filo di una ricerca beethoveniana che vada al di là del rispetto di una pur encomiabile tradizione.
Il debutto milanese di Perahia, proprio al Quartetto, risale al 1968 e in quel caso il giovane pianista, non ancora vincitore del primo premio al Concorso di Leeds, approdava in Italia grazie alle sollecitazioni di artisti come Rudolf Serkin e “Miecio” Horszowski, storicamente legati alla istituzione concertistica milanese. Successivamente Perahia subì una fase di fascinazione nei confronti della personalità di Vladimir Horowitz, senza peraltro patirne in maniera evidente l’influenza in campo artistico. Poi fu la volta di Cortot, del quale Perahia curò una decina d’anni fa gli importanti lasciti provenienti dalle registrazioni di molte lezioni impartite durante i corsi di perfezionamento tenute alla fine degli anni Cinquanta. L’influenza di Cortot, come abbiamo anticipato, è questa volta palpabilissima e spiega davvero l’impeto e la partecipazione che hanno condotto Perahia a una lettura intensa e coinvolgente del trittico franckiano, scatenando gli entusiasmi da parte del pubblico. Lo stesso entusiasmo che ha accolto l’esecuzione appassionata dello Scherzo op. 20 di Chopin. Due i bis, tra gli immancabili del pianista americano, il Notturno op.15 n.1 di Chopin e Traumes Wirren dai Fantasiestücke di Schumann. (Recital del pianista Murray Perahia Milano, Società del Quartetto, 26 Maggio 2015)
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