A Lipsia la nuova stagione si è aperta nel segno di Strauss e Mozart. Il direttore italiano ha diretto la Gewandhausorchester, solista il clarinettista svedese Martin Fröst
di Corina Kolbe foto © Gerd Mothes
NELLA CITTÀ DI LIPSIA le testimonianze della sua lunga tradizione musicale si incontrano ad ogni passo. Lungo la Notenspur, l’itinerario delle note, si possono visitare, ad esempio, la Thomaskirche con la tomba del suo Kantor Johann Sebastian Bach, le case di Felix Mendelssohn e Robert Schumann, il monumento eretto in ricordo di Richard Wagner nonché il Teatro d’Opera e la nuova Gewandhaus aperta nel 1981, sede della più antica orchestra sinfonica della Germania che fu fondata dai cittadini. Riccardo Chailly, dal 2005 alla guida della Gewandhausorchester, è consapevole della ricca eredità da tramandare e mantenere in vita.
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Ogni anno l’apertura della nuova stagione diventa una festa per tutti i cittadini, con concerti in diversi luoghi della città e anche un’esibizione su un palcoscenico nella centralissima Augustusplatz. Mentre all’incirca diecimila spettatori sabato sera hanno ascoltato l’orchestra all’aperto, la sera precedente quasi due mila hanno potuto assistere al concerto nella sala con spalti “a vigneto”, ispirata alla Philharmonie di Berlino. Con opere di Wolfgang Amadeus Mozart e Richard Strauss, Chailly e i musicisti hanno voluto rendere omaggio a due compositori che, in epoche diverse, furono presenti a Lipsia.
Sotto la bacchetta di Chailly l’orchestra sfoggia un suono vellutato e perfettamente equilibrato. In Tod und Verklärung (Morte e trasfigurazione), poema sinfonico di Strauss incentrato sul tema della morte e diretto da lui stesso a Lipsia per la prima volta nel 1892, i solisti nell’orchestra dimostrano la loro eccellenza. Sublimi i fiati – il clarinetto e il flauto solo – così come il primo violino di spalla, Frank-Michael Erben, che ricopre l’incarico fin dal 1987.
Dopo l’intenso e tormentato lavoro di Strauss, che salì sul podio della Gewandhausorchester tra l’altro nel 1907, in occasione della prima esecuzione di Also sprach Zarathustra, si torna indietro al tardo Settecento. Il Concerto per clarinetto e orchestra in la maggiore K 622 di Mozart vede la partecipazione del clarinettista svedese Martin Fröst, uno dei solisti più apprezzati a livello internazionale, che incanta il pubblico di Lipsia con il suo virtuosismo, esprimendo bene il carattere giocoso dell’ultima opera che il compositore scrisse per un’orchestra.
Strauss, influenzato da Mozart durante tutta sua vita, all’inizio del Novecento diresse una sinfonia dell’austriaco perfino al Gewandhaus. Comunque nelle Metamorfosi, eseguite da Chailly e dai musicisti nella versione per ventitré solisti d’archi, Strauss non si rifà a Mozart bensì a Beethoven, citando nella parte finale la Marcia funebre dalla Terza Sinfonia “Eroica”. Lamento pungente che si articola in un complesso dialogo degli archi, è il brano che in questa serata alla Gewandhaus lascia forse l’impressione più profonda. Strauss compose la sua ultima opera per orchestra nella primavera del 1945 quando la fine della Seconda guerra mondiale e la sconfitta della Germania ormai furono imminenti. I tiri burloni di Till Eulenspiegel, scritto da Strauss alla fine dell’Ottocento, evoca invece un’atmosfera completamente diversa. In questo brano scherzoso ed esuberante, con molti cambiamenti di ritmo e dinamiche contrastanti, brillano di nuovo i fiati. È perfino la morte di Till Eulenspiegel, sempre pronto a farsi beffe degli altri, sembra solo un gioco.
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