Con l’orchestra di Cleveland diretta da Franz Welser-Möst il pianista ha interpretato alla Scala il Quarto di Beethoven. Nel programma Messiaen e Strauss. Il concerto era a sostegno del FAI, Fondo Ambiente Italiano
di Luca Chierici
INSERITA NEL CICLO DEI CONCERTI scaligeri del “Festival delle Orchestre Internazionali”, la serata di domenica 18 ottobre scorso è stata resa possibile grazie all’intervento di sponsor che hanno contribuito in maniera sostanziale a rendere sostenibili le spese di trasferta di un complesso come l’Orchestra di Cleveland, la presenza di un direttore oggi molto quotato come Franz Welser-Möst e soprattutto quella di Radu Lupu che – diciamolo francamente – rappresentava il vero motivo di interesse dell’appuntamento. Peccato che la serata stessa fosse fuori abbonamento e che pochi spettatori potevano permettersi il lusso di spendere dai 70 ai 280 euro per un biglietto (ma si trattava di un concerto per raccolta fondi a favore del Fai, Fondo Ambiente Italiano).
«Le prime cinque battute mostrano il carattere dell’intero movimento e chiunque sia in grado di eseguirle con la giusta espressione sarà capace di dominare correttamente l’intero lavoro». Eugen d’Albert
L’orchestra di Cleveland è tutt’altro che di secondo piano, ma non sembra mostrare punte di eccellenza se andiamo a considerare le singole sezioni. Dignitose, ma non eccezionali, le prime parti che si dovevano segnalare soprattutto nei soli di Zarathustra, buona la risposta dell’insieme nel pezzo introduttivo di Messiaen (che non è catalogabile nella categoria dei capolavori), sufficientemente preciso l’accompagnamento del solista in Beethoven, dato per scontato che anche per un professionista come Welser-Möst sia molto difficile seguire l’imprevedibile fraseggio di Radu Lupu. Il quale si è rivelato ancora una volta – senza se e senza ma – come il massimo pianista vivente per profondità di ispirazione, bellezza straordinaria di suono, magìa inimitabile di fraseggio. Vi sono oggi pianisti che sono in grado di tradurre perfettamente le loro deboli intenzioni interpretative sulla tastiera con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Altri per i quali idee molto più interessanti faticano a trovare una corretta veicolazione proprio a causa della incapacità di tradurre il pensiero in suono attraverso lo strumento. Il dominio della tastiera che attualmente Radu Lupu è ancora in grado di esercitare è più che sufficiente per realizzare quelle che sono le proprie sublimi intenzioni interpretative e ciò è avvenuto in quel capolavoro insidiosissimo che è il quarto concerto di Beethoven. (→ prosegui la lettura alla pagina successiva)