A partire dal famoso accordo iniziale del pianoforte, il Concerto è anche costituito da un piccolo arsenale di elementi tecnici che, considerati isolatamente, fanno parte di un bagaglio elementare non eccedente le difficoltà tastieristiche dei tempi di Bach e di Mozart. Nel primo movimento, ad esempio, sono presenti dei passaggi rapidi in arpeggi spezzati ascendenti e discendenti che sulla carta non sono certo così proibitivi. Però in quei punti si sono ascoltati in passato pianisti famosissimi per la loro tecnica perdere totalmente il controllo, come se i passaggi stessi incutessero un certo timore. Prova del fatto che nello studio quotidiano di uno strumento il superamento delle difficoltà di un certo dettaglio eseguito isolatamente non sempre garantisce la riuscita dello stesso, inserito nel contesto più complesso dell’esecuzione integrale in pubblico. Con la differenza che se l’interprete punta tutte le proprie carte sull’infallibilità tecnica un seppur minimo errore salta subito all’occhio, mentre nel caso di Radu Lupu ben altri sono i motivi che fanno di lui un artista di sommo livello e l’errore tecnico passa del tutto inosservato.
Lupu ha incantato i presenti fin dall’appena ricordato primo accordo di sol maggiore, a riguardo del quale vi è tutta una letteratura e una esegesi che mira a cercare di scovare quali siano i segreti di micro-accentazione delle otto note che compongono l’accordo diviso tra le due mani. Un tempo si diceva che nulla di più poteva essere aggiunto dopo le prove offerte da pianisti quali Walter Gieseking o Wilhelm Backhaus, ma l’analisi eccessiva al microscopio diventa a questo punto inutile perché il rito esecutivo si può ancora oggi ripetere con risultati di bellezza assoluta come nel caso di Radu Lupu. Vero è, come scriveva opportunamente nella sua edizione critica il grande Eugen d’Albert, che “le prime cinque battute mostrano il carattere dell’intero movimento e chiunque sia in grado di eseguirle con la giusta espressione sarà capace di dominare correttamente l’intero lavoro”. Ma vertici indescrivibili se non attraverso l’ascolto sono stati raggiunti da Lupu nella cadenza del primo movimento (quella scritta per l’Arciduca Rodolfo), in quella del Rondò e nelle frasi che stabiliscono lo straordinario colloquio tra solista e orchestra nel movimento centrale del concerto.
Non a caso il pubblico non ha potuto davvero trattenere l’applauso al termine dell’Allegro iniziale, come giustamente faceva in molti casi l’uditorio di un tempo, quando ancora pettegoli, ignoranti e schizzinosi uditori nostrani non si erano sollevati alla stregua di custodi della musica di provincia (eh si, anche l’altra sera la Signora dietro di me bisbigliava “Che figuraccia !” non sapendo che la figuraccia la faceva lei stessa).
Festeggiatissimo al termine di questa prova straordinaria, Lupu ha concesso come bis il Momento Musicale in fa minore di Schubert, un poco zoppicante e sussurrato. Qui, nella stessa sala e con lo stesso bis, Horowitz aveva però fatto di meglio.