La stagione sinfonica del Teatro Comunale riserva uno spazio specifico a Beethoven e Mahler: il giovane direttore musicale vi dimostra una matura appropriazione italiana del repertorio mitteleuropeo
di Francesco Lora
Pochi teatri al mondo hanno avuto, più del Comunale di Bologna, miglior fiuto e sorte in fatto di direttori musicali, titolari o effettivi. La carrellata dell’ultimo quarto di secolo impressiona: Riccardo Chailly, Christian Thielemann, Daniele Gatti, Vladimir Jurowsky. Anche oggi, mentre da due lustri la fondazione si barcamena tra sovrintendenze e direzioni artistiche di dubbia lungimiranza, l’identità del Comunale si raccoglie soprattutto intorno a un direttore musicale di carisma: Michele Mariotti. Quando è egli a salire sul podio, v’è ancora ragione che il mondo musicale si metta in viaggio verso Bologna; e quando è egli a salire sul podio, solo allora (o quasi) al termine dello spettacolo si sentono, dietro il sipario, le urla di gioia di professori d’orchestra e membri del coro che non vogliono rompere le righe: solo allora (o quasi) i melomani si fermano ancora a crocchi fuori dal teatro per sfogare in chiacchiere l’entusiasmo.
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Direttore d’opera nato, Mariotti ha sulla groppa anche la stagione sinfonica felsinea, dove non perde occasione di cimentarsi nel repertorio strumentale. Soprattutto nel cartellone 2016 prende corpo la sua volontà di una stagione dentro la stagione: durante l’anno e con altre bacchette v’è spazio per tutti, ma nei concerti di Mariotti i concerti sono tutti divisi tra due autori, Beethoven e Mahler. Con esiti di assoluto rilievo. Ne è prova il concerto inaugurale della stagione, tenuto il 5 febbraio scorso nella sala bibienesca, tutto imperniato sulla Sinfonia n. 9 del genio di Bonn. Se la recensione non è uscita in queste pagine, ciò è perché i giorni sono passati uno dopo l’altro senza che il critico riuscisse a trovare parole adeguate. È infatti facile scrivere di spettacoli cattivi: la penna prende il volo nello sfogo e il lettore si diverte con poco. Arduo, invece, è scrivere di una lettura beethoveniana dove l’orchestra era tanto setosa quanto infuocata, e tanto lustra nella tecnica da far credere di essere a Dresda o a Vienna; dove lo sviluppo del primo movimento attingeva una tale mordente ed elegante violenza da lasciare turbati per virtuosismo; dove i solisti di canto erano finalmente italiani per i tre quarti (con tutti i vantaggi del caso: materiale e tecnica ben più lussuosi di quelli medi mitteleuropei) e dove il coro montava in cattedra per prestanza, colori, esuberanza. Sono ora attesi il concerto del 28 settembre (Concerto n. 4, con la pianista Beatrice Rana, e Sinfonia n. 5 di Beethoven; Blumine di Mahler) e quello del 2 ottobre (Kindertotenlieder, con il baritono Markus Werba, e Sinfonia n. 1 di Mahler).
Ma il 17 aprile, nel Teatro Manzoni, è già stata la volta del secondo appuntamento: in programma, l’Ouverture Leonore n. 2 e la Sinfonia n. 2 di Beethoven, e i Lieder eines fahrenden Gesellen di Mahler. Lettura beethoveniana di Mariotti, questa volta, cordiale e scorrevole più che al calor bianco, e su tempi placidi anziché trascinanti, come a voler sottolineare che l’eredità di Haydn non è ancora il manifesto del tardo Romanticismo tedesco. Ed encomiabile è la proposta di un Mahler raro all’ascolto, soprattutto in Italia, benché subito accattivante negli esotismi timbrici e nelle frasi lancinanti: qui in particolare si rivela il Mariotti sempre devoto alla cantabilità italiana, e tuttavia recettivo alle alchimie coloristiche (siderali e colossali, spensierate e angosciate) della strumentazione germanica innanzi alla finis Austriae. Magnifico l’apporto del baritono solista: non uno specialista di madrelingua tedesca, ma il nostro Nicola Alaimo fresco di premio Abbiati, qui chiamato a nuova prova di versatilità; registro acuto sollecitatissimo e di stupefacente facilità, rigore teutonico onorato ma flesso con amorevolezza latina, pronuncia stessa ammorbidita nella fonetica ma studiata con scrupolo. Un concerto che palesa abilità e novità insospettate nel quotidiano delle istituzioni di spettacolo italiane.
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