di Gianluigi Mattietti
Nel Land di Sassonia-Anhalt ci sono alcune notissime rassegne musicali, gli Händel-Festspiele a Halle, il Kurt-Weill-Fest di Dessau, i Telemann Festtage di Magdeburgo. A Magdeburgo da otto anni esiste anche il Festival Impuls di musica contemporanea. Una rassegna che ha una peculiarità, rara in questo tipo di festival, perché non invita solo solisti e ensembles, ma lavora soprattutto con le proprie forze: quelle di un’orchestra stabile, la Magdeburgische Philharmonie, che garantisce una programmazione ricca di repertorio sinfonico. Un’orchestra di ottima qualità, la più grande di tutto il Land (con i suoi 130 musicisti stabili), diretta con passione e intelligenza musicale dall’olandese Hans Rotman.
Negli anni il Festiva Impuls ha “fidelizzato” il pubblico locale e ha cominciato a suscitare l’interesse del mondo musicale internazionale, puntando su programmi ricercati e stimolanti, inventando la formula dell’Orchestertreffen (incontri di gruppi strumentali di diverse orchestre riuniti nello stesso concerto), inaugurando le “Bauhaus Masterclass” per compositori, direttori e strumentisti, individuando sempre dei percorsi tematici strettamente legati all’attualità politica e sociale del nostro tempo.
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Tra i concerti clou dell’ultima edizione c’è stato quello dello Zafraan Ensemble, gruppo giovane e agguerritissimo, formatosi alla Musikhochschule “Hanns Eisler” di Berlino, diretto dall’ottimo Titus Engel. Hanno eseguito Dérive 1 di Boulez, geschwungen, verbogen, verdreht di Pablo Quaß, l’esplosivo Soma oder Die Lust am Fallenlassen dello svizzero Stefan Keller, il Quintetto dell’israeliano Eres Holz (che esplorava relazioni tra elementi tonali, ma quasi polverizzati, generando un delizioso intreccio di frasi brevi, nervose, appena accennate, dal carattere quasi weberniano), l’originale Dex, per dieci strumenti dell’emergente Johannes Boris Borowski, che prendeva spunto dalle proprietà energetiche di un farmaco steroideo, il Dexamethasone (proibito dall’agenzia anti-doping): minimi impulsi, piccoli intervalli, rintocchi legnosi delle percussioni, si sviluppavano in una scrittura varia e fantasiosa, con stacchi ritmici violenti, fasce brulicanti punteggiate da richiami si uccelli, come una grande voliera (questi ultimi tre pezzi sono stati anche recentemente incisi nel cd Bastille Musique n.4).
Molto interessante, anche per l’originale impaginazione, è stato il concerto intitolato “Entflammte Seele” diretto da Rotman sul podio della Magdeburgische Philharmonie, con una prima parte greca e una seconda francese. I sei percussionisti dell’orchestra hanno eseguito il movimento per sole pelli (Peaux) delle celebri Pleiades di Iannis Xenakis, un’esecuzione molto fisica, vibrante, che ha catturato gli ascoltatori. Poi è stata presentata una novità assoluta Der Pass, lavoro gestuale, pieno di spunti teatrali, composto da Antonis Anissegos su commissione del Festival, basato su un testo di Brecht, Der Pass dai Dialoghi di profughi(1934), letto al microfono dallo stesso direttore d’orchestra: «Il passaporto è la parte più nobile di un uomo. E difatti non è mica così semplice da fare come un uomo. Un essere umano lo si può fare dappertutto, nel modo più irresponsabile e senza una ragione valida. Ma non un passaporto. In compenso il passaporto, quando è buono viene riconosciuto; invece un uomo può essere buono quanto vuole, non viene riconosciuto lo stesso. Si potrebbe dire che un passaporto è più importante dell’uomo che lo possiede. Che l’uomo è solo un attrezzo meccanico per trasportare il passaporto da una nazione all’altra. Il passaporto è una cosa. Eppure si potrebbe sostenere che l’uomo è necessario al passaporto. È come il chirurgo: gli ci vuole il malato, per fare un’operazione. In uno Stato moderno è lo stesso: la cosa principale sono i Führer, ma loro hanno bisogno della gente da guidare. Loro sono grandi uomini, ma qualcuno deve essere piccolo, altrimenti la cosa non funziona».
Nello stesso concerto, è stata una vera scoperta il ciclo liederistico Echowand di Mikis Theodorakis. Di solito si ricorda il novantenne compositore greco solo per le colonne sonore, come quella di Zorba il greco. Ma Theodorakis è stato un compositore impegnato (imprigionato e torturato durante la dittatura militare dei colonnelli, è stato un punto di riferimento per l’opinione pubblica democratica), di formazione classica, allievo di Messiaen a Parigi, autore di un vastissimo catalogo, che comprende molta musica da camera, sette sinfonie, diversi concerti solistici, balletti, cinque opere, più di mille Lieder, basati su poesie di grandi poeti greci, ma anche di Lorca e di Neruda, e tutti incentrati sul tema della libertà. I Lieder del ciclo Echowand, basati su poesie di Ina Kutulas, orchestrati da Sebastian Schwab, sono stati interpretati a Magdeburgo da Johanna Krumin (che li ha recentemente incisi per la Wergo: WER 5120 2): suonavano come un Mahler smontato, con echi di Wolf, Janacek, del Peter Grimes, frammenti di melodie dal carattere popolare, ma montate insieme come un collage dissonante e politonale, a tratti folle.
Nella seconda parte del concerto, quella francese, Hans Rotman ha diretto Les offrandes oubliées di Messiaen, con grande ricchezza di colori e un’infinità di sfumature, anche nel pianissimo; una curiosa rielaborazione per sola orchestra del Pelléas et Mélisande, fatta da Marius Constant, una specie di grande poema sinfonico, ma discontinuo e povero di tensione. E come gran finale, si è ascoltato il pirotecnico The Shining One per pianoforte e orchestra di Guillaume Connesson, vero showpiece dalla scrittura scintillante, movimentata, che riprendeva molto da Ravel e Debussy, un unico movimento trascinante, guidato dalla virtuosistica parte pianistica, spesso colorata dal Glockenspiel e dalle percussioni, affidata a un giovane talento uscito dalle Bauhaus Masterclass, la pianista coreana Yejin Gil. Che farà parlare di sé.
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