Riccardo Chailly: «La Scala che vogliamo è una Scala aperta, in continuo dialogo con la città»
di Luca Chierici
È consuetudine, ad ogni presentazione di una stagione musicale, e in particolare di una tra le più prestigiose come è quella del teatro alla Scala, notare quali sono le mancanze in cartellone più che commentare le scelte dei titoli in base alla validità intrinseca degli stessi. Eppure, se ci si mette nei panni di un responsabile della direzione artistica, ci vuol poco a capire come sia inutile tentare di mettere a punto una scelta capace di soddisfare tutte le esigenze, tenendo conto dell’aspetto cronologico (dal barocco all’opera contemporanea), della concorrenza di qualche anniversario, della disponibilità di cantanti, direttori, registi. Insomma un gioco ad incastro che per definizione non ha possibilità di riuscita “perfetta” anche se si avesse una disponibilità illimitata di risorse e la possibilità di ospitare uno spettacolo differente per ogni serata. Forse si potrebbero incominciare ad eliminare le riprese di titoli “storici” come la Bohème di Zeffirelli (o Aida che viene rappresentata il prossimo anno in onore dello stesso regista). Ma anche qui si andrebbe contro una tendenza (si veda ad esempio la programmazione dell’Opéra di Lione) che è volta appunto al recupero di produzioni che hanno segnato la storia del Teatro.
Questa premessa è doverosa per “leggere” il cartellone scaligero della stagione 2017-2018 che è stata presentata alla stampa l’altro giorno con la partecipazione del Sindaco Sala, del Sovrintendente Pereira e del Direttore musicale Chailly. L’attenzione viene subito attratta dai nuovi titoli, e questi rappresentano sicuramente il punto di forza della stagione: opere poco o punto frequentate, mai rappresentate o assenti da molto tempo. Vi è innanzitutto il Pipistrello di Johann Strauss (dal 19 gennaio 2018, direttore Zubin Mehta), titolo che non soddisferà certo solamente le scelte nostalgiche di un Sovrintendente viennese e che manca da sempre alla Scala proprio per quel suo carattere ibrido (assolutamente vietato parlare di Operetta!) che conferisce un fascino tutto particolare a questo piccolo capolavoro.
Dal 24 Febbraio è la volta di Orphée et Eurydice, la versione in francese del capolavoro di Gluck riveduta e ampliata per la rappresentazione parigina del 1774. Diretto da Mariotti, con la partecipazione di Juan-Diego Flórez, questo Orfeo amplia una tradizione storica del teatro che aveva visto tra le altre cose il trionfo della versione originale italiana diretta da Muti. Francesca da Rimini di Zandonai è assente dalla Scala dal 1959 e viene finalmente riproposta (dal 15 aprile 2018) con la direzione di Luisi, la partecipazione del soprano Maria José Siri e la regia di David Poutney. Se di verismo è lecito parlare, questo titolo affianca la scelta di apertura di stagione che come è già noto è affidata all’Andrea Chénier di Giordano sotto la direzione di Chailly e con un cast eccezionale nel quale brillano le voci della Netrebko, di Yusif Eyvazov e Luca Salsi.
Altro titolo di grande impatto sarà il Fierrabras di Schubert (5 Giugno 2018) affidato alla bacchetta di Daniel Harding con la regìa di Peter Stein, in una produzione del Festival di Salisburgo. Fierrabras è il più importante lavoro scritto da Schubert per il teatro e titolo amatissimo da Claudio Abbado, che ne curò una splendida incisione. I patiti del belcanto saranno soddisfatti per la scelta de Il pirata di Bellini (dal 29 Giugno 2018), nuova produzione nella quale canteranno Sonya Yoncheva, PieroPretti e Nicola Alaimo: l’opera debuttò proprio alla Scala nel 1827 e oggi viene interpretata scenicamente dal regista Christof Loy. A ventitré anni dal precedente di Riccardo Muti, Don Pasquale di Donizetti sarà presentato da Chailly (dal 3 maggio 2018) in una nuova produzione con la regìa di David Livermore. Chailly è particolarmente legato a questo capolavoro, con il quale aveva debuttato al Covent Garden nel lontano 1979, e in questa produzione ascolteremo le voci di Ambrogio Maestri, Rosa Feola (che abbiamo recentemente ascoltato ne La gazza ladra) e René Barbera.
Le novità non terminano qui: sarà ancora la volta di Ali Babà di Cherubini (dal 1 Settembre 2018) con gli allievi dell’Accademia guidati dalla regista Liliana Cavani, del tanto atteso Fin de partie di Kurtág (dal 15 Novembre 2018), e ancora Ernani (dal 29 settembre 2018) assente dal 1982 quando era stato diretto da Muti, e La finta giardiniera del diciannovenne Mozart (dall’8 ottobre 2018, direttore Diego Fasolis). Quest’ultima proviene da un allestimento del Festival di Glyndebourne e avrà come protagonisti molti dei cantanti che hanno partecipato all’ultima produzione del Don Giovanni. Come se non bastasse, numerosi sono i recuperi della appena trascorse stagioni, dal Simon Boccanegra di Chung che ha avuto tanto successo (Nucci, Stoyanova, Sartori) al Fidelio nell’allestimento di Deborah Warner, sempre con Chung, e a Elektra di Strauss con la regìa di Chereau (direttore Dohnany). Otto concerti costituiranno l’ossatura della stagione sinfonica (Gatti, Chailly, Eschenbach, Mehta, Welser-Moest, Blomstedt, più una serata fuori abbonamento con Thielemann) e saranno affiancati da altrettanti recital di canto (tra gli altri, Kaufmann, la Damrau, la Peretyatko e Pertusi). Unica nota dolente: un solo recital solistico, quello di Maurizio Pollini programmato per il 26 Febbraio 2018.