di Mariateresa Storino
In occasione della Festa europea della musica (21 giugno), il Conservatorio “G. Rossini” di Pesaro per festeggiare il suo 140° di attività dedicherà un concerto a Riz Ortolani, uno dei tanti ‘figli’ illustri dell’Istituto pesarese, che ha visto passare tra le mura di Palazzo Olivieri, sua sede storica, compositori quali Pietro Mascagni, Amilcare Zanella, Riccardo Zandonai, cantanti come Renata Tebaldi e Mario del Monaco, fino ai contemporanei Enrico Pace e Michele Mariotti.
Noto al grande pubblico per l’enorme produzione di musica da film, da More e Oh My Love a Fratello sole e sorella luna tanto per citarne alcuni, e ai tantissimi successi utilizzati poi anche da Quentin Tarantino per i due Kill Bill e Inglourious Basterds, Riz Ortolani si formò al Conservatorio di Pesaro tra la fine degli anni Trenta e l’inizio degli anni Quaranta. Il concerto, inserito all’interno della 58a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro, si realizza sotto l’egida della Fondazione Riz Ortolani la cui presidenza è affidata al figlio del compositore – Enrico Ortolani Sternini – che proprio in prossimità dell’omaggio del Conservatorio Rossini ha accettato di ripercorrere alcune tappe importanti della lunga ed eclettica carriera del padre.
Vorrei partire dalla formazione di suo padre al Conservatorio di Pesaro; quali ricordi aveva dei suoi anni di studio al Conservatorio Rossini e quale ruolo attribuiva alla sua formazione classica alla luce del successo realizzato nell’ambito della musica da film.
«Mio padre non era particolarmente loquace su questo tema e non amava abbandonarsi ai ricordi. È sempre stato però molto affezionato al Conservatorio di Pesaro, conservava il suo flauto e perfino la sua cartella degli anni di studio. Era particolarmente affezionato anche alla città di Pesaro, ma di rado rievocava gli anni giovanili.»
A ventidue anni suo padre abbandonò il mondo della musica classica (era Primo flauto nell’orchestra stabile di Pesaro) per trasferirsi a Roma come pianista di sala da ballo e arrangiatore per le orchestre radiofoniche della Rai. Quali furono le ragioni che lo spinsero a questo drastico cambiamento?
«Una delle ragioni è da individuare nella situazione economica del dopoguerra combinata con il desiderio di Riz di poter allargare il suo sguardo. Pesaro probabilmente gli stava un po’ stretta; nel dopoguerra Roma era una delle città principali per prospettive lavorative ma anche per il fermento culturale che la caratterizzava. Il cambiamento dalla musica classica a generi diversi non fu del tutto drastico. Già durante gli anni di Conservatorio suonava in un nightclub come pianista in una cittadina vicino Pesaro; finito di suonare a tarda sera, in assenza di mezzi per poter ritornare a Pesaro aspettava il treno delle cinque del mattino dove incontrava i lavoratori pendolari. Arrivava a casa e subito dopo correva in Conservatorio per seguire le lezioni. Trasferitosi a Roma si esibì nei nightclub e fu proprio in queste serate che incontrò musicisti della Rai grazie ai quali ebbe inizio la collaborazione con l’emittente radiofonica nazionale. Mio padre era particolarmente apprezzato per la modernità dei suoi arrangiamenti.»
Procedendo in ordine cronologico, la tappa successiva che ha segnato la carriera di Riz Ortolani e lo ha portato sulla scena internazionale è il periodo americano.
«Tra gli anni Cinquanta e Sessanta mio padre visse prevalentemente negli Stati Uniti, Messico e Cuba. Gli anni negli Stati Uniti furono non solo estremamente formativi, ma gli consentirono anche di costruire le basi per il suo successo futuro. Mi piace ricordare un episodio che avrà una forte influenza sul suo metodo di lavoro. Riz era curioso e particolarmente affascinato dalla metodologia di sincronismo che caratterizzava il lavoro della Disney. Durante un suo viaggio a Los Angeles decise di visitare la Disney e lì si fece mostrare il sistema che utilizzavano e che poi egli stesso talvolta adotterà; alla Disney utilizzavano un unico pentagramma enormemente esteso che riportava precisi riferimenti di timing sui movimenti dei personaggi e, di conseguenza, sull’inserimento del sonoro: ad esempio, qui Topolino alza il piede, qui starnutisce. Nel film Africa addio del 1966 adotterà questo sistema lasciando Gualtiero Jacopetti (regista del film) sorpreso perché non aveva mai visto nulla di simile: “Riz, ma cosa hai fatto!!?”, gli dirà eccitato in sala d’incisione.»
Nel parlare di suo padre e del periodo americano non possiamo non citare sua madre – Katyna Ranieri – che, oltre che compagna di vita, fu sua compagna d’arte.
«La storia d’amore tra i miei genitori è ben nota, così come i successi arrisi a mia madre come cantante, a partire dalla sua partecipazione alla consegna degli Oscar nel 1964, ancor oggi unica cantante italiana mai esibitasi alla cerimonia ufficiale di consegna delle statuette. Negli anni Cinquanta mia madre aveva un successo strepitoso negli Stati Uniti e a Cuba, ma, nonostante questo, preferì tornare in Italia.»
Lei ha accennato al metodo di lavoro appreso da Riz Ortolani alla Disney. Come procedeva nella composizione di musica da film: si basava su una lettura preventiva del copione, visionava il film e/o i sui estratti, si limitava a conoscerne la trama?
«Non seguiva una regola. Era molto collaborativo con la regia. Generalmente visionava il film e poi procedeva nella composizione; principalmente però dialogava con il regista e cercava di capire quali aspetti il regista intendesse sottolineare con la musica. Una delle cose che diceva spesso era: “È il film che trascina la musica”. Queste parole non implicavano però una differenza di qualità delle sue musiche e del suo impegno a seconda del film: di qualsiasi qualità fosse il film, bello o brutto, Riz scriveva al meglio perché scriveva per sé. Nella lunga collaborazione con Pupi Avati, ad esempio, per il quale compose la musica di più di venti film, affermava che la comprensione era immediata perché Avati aveva una formazione musicale.»
Questa sua ultima affermazione si collega perfettamente al concerto del 21 giugno che il Conservatorio Rossini dedicherà a suo padre, il cui titolo è una citazione di suo padre che è una dichiarazione d’intenti: “Io scrivo musica”.
«Assolutamente sì. Il suo obiettivo era la creazione musicale, indifferente a tutto ciò che lo circondava, alle stesse regole corporative e di mercato di cui non capiva il senso. Pensi che nel corso del periodo americano, la Paramount chiese ai miei genitori di trasferirsi a Los Angeles. Ma, nonostante la forte tentazione, entrambi non volevano abbandonare l’Italia e così decisero di rientrare; una decisione che ebbe delle conseguenze consistenti non solo d’immagine in quanto il mercato italiano era estremamente limitato rispetto a quello americano. Una scelta dettata dall’attaccamento all’Italia che, al di là di un prevedibile ridimensionamento economico ebbe però un risvolto positivo: Riz era infatti l’unico musicista italiano ad essere conosciuto dalle case di produzione americane che infatti in Italia si rivolgevano a lui. Possiedo una bellissima lettera della Metro Goldwin Meyer che testimonia i timori di alcuni dirigenti della MGM a proporre al produttore il suo nome come compositore per il film The yellow Rolls-Royce; fu solo in virtù di quegli anni trascorsi in America che alla fine la produzione accettò; la lettera termina con uno sviscerato elogio per il lavoro svolto e per la eccezionale qualità delle musiche composte che “tutti noi ormai ascoltiamo nei corridoi della MGM”.
Un altro aspetto fortemente indicativo della personalità musicale di mio padre è che lui ha sempre diretto personalmente tutte le sue musiche. Era infatti un appassionato della direzione d’orchestra, ed era di fatto un bravissimo direttore d’orchestra, come si può vedere nei vari filmati che lo riprendono. Per questo motivo spesso era chiamato a dirigere delle manifestazioni importanti, come ad es. il Festival del Cinema di Taormina ed il Gala “Tribute to Ingrid” alla Fenice di Venezia nel 1983, un omaggio ad Ingrid Bergman al quale partecipò il Gotha del cinema mondiale di quegli anni (Gina Lollobrigida, Olivia De Havilland, Charlton Heston. Liza Minnelli, Roger Moore, Gregory Peck, tanto per citarne alcuni).
Nel parlare di musica da film non possiamo non chiederci quali rapporti avesse con un suo coetaneo celeberrimo, Ennio Morricone, ma anche con altrettante figure di rilievo quali Nino Rota, Armando Trovajoli, Nicola Piovani, musicisti che come suo padre provengono dall’ambito classico e da una formazione musicale in Conservatorio.
«Di reciproco rispetto come colleghi. Non ho ricordo di serate insieme a mo’ di ritrovo tra amici, ma sicuramente di stima reciproca. Diverso era invece il rapporto con i registi come Sergio Leone o Pupi Avati, e anche Gualtiero Jacopetti, ai quali era legato da sentimenti di amicizia.»
In casa quale repertorio si ascoltava o quale repertorio prediligeva suo padre?
«Sicuramente musica sinfonica, se mi soffermo a ricordare i molti dischi di questo repertorio che circolavano per casa. In particolare amava ascoltare Šostakovič; si chiudeva nel suo studio e seguiva la musica di Šostakovič con la partitura. Era interessato alla forma dei brani, all’esplorazione delle tecniche compositive.»
Certo non sorprende l’interesse per Šostakovič; un compositore eclettico al pari di suo padre, che accostava alla musica d’arte, l’ispirazione jazz e la musica da film. Infatti alla numerosissima produzione di colonne sonore Riz Ortolani affiancò una produzione di altro genere, penso alla sua Operamusical Il principe della gioventù.
«Uno dei tratti distintivi della personalità di mio padre era la curiosità che lo spingeva non solo alla conoscenza ma anche alla sperimentazione. Al di fuori della musica da film mantenne sempre vivo il suo interesse per la produzione in altri campi. Penso al Trittico rossiniano commissionato dalla Fondazione Rossini e ispirato ai Péchés de vieillesse di Gioachino Rossini, alla Sinfonia per la memoria – Una tragedia italiana per le vittime dell’Olocausto, che purtroppo non viene quasi mai eseguita (“È un po’ difficile vero? È dissonante” mi disse…), al balletto In una parte di cielo, ispirato alla vita di Michelangelo.»
Vorrei soffermarmi sull’Operamusical Il principe della gioventù andata in scena a Venezia nel 2007, poi ripresa con il titolo La congiura (Firenze 1478) per rendere più esplicito il riferimento della trama alla congiura dei Pazzi che ebbe luogo nella Firenze rinascimentale. Con quest’opera suo padre sembra esprimere la volontà di un ritorno alle origini (il mondo della musica classica) ma rinnovato dai generi novecenteschi. Qual era l’obiettivo?
«Credo che quest’opera rientri in questo desiderio indomito di Riz di esplorare, ma allo stesso tempo non posso non ritenere che sia stato spinto da mia madre a comporre quest’opera. Da tempo mio padre desiderava uscire dal campo della musica da film; fu mia madre ad incitarlo a intraprendere questo progetto, in cui tra l’altro ella stessa compare come creatrice delle liriche con uno dei suoi tanti pseudonimi: Mae Kroville. La scelta dello stesso soggetto fu probabilmente frutto della volontà di mia madre, la quale, nata a Follonica, era fortemente campanilistica. Pensi che, pur abitando a Roma, continuava a fare i suoi acquisti a Firenze, a chiedermi di comprare a Firenze le cose più diverse di cui aveva bisogno.»
Perché sua madre scelse di celare la sua identità con degli pseudonimi?
«Sono scelte strategiche piuttosto comuni del campo artistico, anche Ennio Morricone e Sergio Leone non si firmarono con i loro veri nomi in Per un pugno di dollari. Altri motivi possono essere di evitare possibili atteggiamenti critici da parte del pubblico (“che c’entra la Katyna Ranieri come paroliere? È lì perché è la moglie…”) e altri ancora. Lei proseguì la sua carriera di cantante con il nome d’arte (Katyna), ma nel partecipare a progetti con mio padre preferì nascondere la sua identità; ad esempio le parole di Oh my love e Fratello sole sorella luna sono le sue, così come, appunto le liriche de Il principe della gioventù. Aggiungo un episodio probabilmente poco noto. Nella fase di postproduzione, durante il montaggio del film Addio zio Tom di Gualtiero Jacopetti e Franco Prosperi, nello scorrere dei titoli che avevano in sottofondo Oh my love in versione strumentale Jacopetti commentò che sarebbe stato perfetto avere un testo su quella musica. La risposta di mia madre fu: “Gualtiero io le ho già scritte, e ti dirò che in sala d’incisione le abbiamo anche registrate”. Dopo averle ascoltate Jacopetti decise di rifare i titoli di testa con l’inserimento di Oh my love cantata. Il film purtroppo, come altri film a cui mio padre collaborò, è poco noto; si trattava di un film scomodo per il tema trattato e quindi praticamente non più proiettato; nonostante questo, Oh my love ha ugualmente ottenuto un successo planetario 40 anni dopo, nel 2011, quando Nicolas Winding Refn decise di inserirla ‘tutta intera’ nel film Drive.»
Nel 2007 i suoi genitori creano a Pesaro la Fondazione Riz Ortolani. Quali sono gli obiettivi della Fondazione?
«Promuovere la musica di mio padre istituendo borse di studio, organizzando manifestazioni, concerti, con particolare attenzione verso i giovani. Mio padre teneva molto ai giovani. Lo scorso anno è stato realizzato il contest RiarrangiaRiz con la collaborazione di Renato Marengo, cioè un concorso di ri-arrangiamento delle musiche di mio padre ad opera di musicisti ed allievi dei Conservatori dai 18 ai 35 anni. Nonostante il Covid la manifestazione ha avuto un discreto successo, e la premiazione è stata effettuata a Faenza inserita nella manifestazione del MEI. Vi sono attualmente in corso diverse iniziative, come ad esempio un biopic sulla vita di mio padre, ed automaticamente di mia madre; è prevista inoltre l’uscita di un cofanetto di 15 CD con una collezione di grandi successi ma anche di brani poco noti a causa della loro collocazione in film che nel ventennio tra gli anni Sessanta e Ottanta erano ritenuti politicamente scomodi. Pensi che fino a 10/15 anni fa mia madre era molto cauta nel concedere l’uso del materiale di mio padre; temeva di non poter controllare il sistema dei diritti così come di fatto era avvenuto per decenni con perdite economiche considerevoli. Nel 2018, però, io e mia sorella decidemmo che la musica di Riz Ortolani dovesse essere assolutamente suonata ed ascoltata, aprendo le porte alla ricerca e alla diffusione del materiale in nostro possesso.»
Quali sono le ragioni che hanno spinto Lei e la Fondazione Riz Ortolani di cui è Presidente a sostenere il progetto del Conservatorio Rossini con la concessione di 14 celebri temi da arrangiare e affidare all’esecuzione degli studenti?
«Mio padre si lamentava della poca proattività di Pesaro nei suoi confronti. Era molto affezionato a Pesaro ma la città sembrava non contraccambiare questo sentimento. Ha scritto anche un brano, mai eseguito a mia memoria, dal titolo La mia città, dedicato appunto a Pesaro. Come non accettare dunque la proposta del direttore del Conservatorio Fabio Masini di un concerto interamente dedicato alla sua musica, arrangiata per l’occasione da Gianmarco Gualandi e da Massimiliano Rocchetta e affidata a giovani esecutori – ricordo che mio padre ha sempre sostenuto i giovani e riteneva che si dovessero offrire loro tutte le occasioni per poter studiare – all’interno di un Festival del cinema, in questo caso la 58a Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro: un connubio perfetto. Inoltre questo concerto sembra formare un sequel con il menzionato progetto del 2021 RiarrangiaRiz, in cui uno dei premi era destinato agli allievi dei Conservatori. Credo sia importante segnalare che durante l’esecuzione del concerto del 21 giugno che si terrà in Piazza del Popolo a Pesaro sarà anche proiettato il teaser del biopic che Marco Dentici sta realizzando su mio padre – Riz Ortolani: Armonie e Dissonanze –, un film che sicuramente contribuirà ad una maggiore conoscenza della sua produzione e della sua vita.»