di Luca Chierici
Non si può che accogliere con grande entusiasmo la proposta di ascoltare due dei massimi capolavori della musica da camera – il Quartetto Der Tod un das Mädchen di Schubert e il Quintetto con clarinetto op.115 di Brahms – avanzata dal Quartetto Adorno con il concorso di Alessandro Carbonare, da molti anni primo clarinetto dell’Orchestra di S.Cecilia e solista prediletto da Claudio Abbado.
La Società dei Concerti di Milano ha organizzato per loro un duplice appuntamento (nel pomeriggio si poteva ascoltare anche il Langsamer Satz di Webern) che ha riscosso un notevole successo nonostante la sala non piena per vari problemi di concorrenza calcistica e di cattivo tempo. Pochi ma buoni gli intenditori che hanno colto l’occasione: entrambi i titoli non sono di frequente ascolto e vantano per fortuna magnifiche incisioni discografiche, ma la presenza dei solisti dal vivo è altra cosa e l’ascolto continuato, senza interruzioni domestiche che purtroppo inficiano quasi sempre il nostro rapporto con la musica, permette di seguire da capo a fondo due partiture di livello neppure commentabile.
In Schubert si è ammirato il piglio con il quale i quartettisti hanno affrontato i quattro movimenti del sommo lavoro dell’ultimo periodo e la giusta dose di entusiasmo che ha accompagnato l’esecuzione soprattutto delle ultime variazioni dell’Andante, dove l’invenzione schubertiana giunge a livelli stratosferici. Il Quartetto si è poi come trasformato per legarsi al suono legatissimo e intenso del clarinetto nell’avventura di un discorso di estrema difficoltà tecnica, nel quale Brahms raggiunge anch’egli vette espressive e costruttive assolute. Un prezioso e conciso bis è stato rappresentato da un frammento incompiuto di un Quintetto mozartiano che, come ha giustamente suggerito Carbonare, getta lì come per miracolo idee di livello celestiale
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