Conferenze • Sintesi dell’incontro con Andrea Estero, Angelo Foletto e Gaetano Santangelo, ospiti del quarto incontro organizzato dal “Corriere Musicale” presso La Scala Shop per il ciclo “Quel che resta del ’900”. Sono intervenuti anche Paolo Petazzi e Paolo Gallarati
di Cecilia Malatesta
Che nessuno faccia il critico musicale per denaro lo sapevamo, ma che ci fosse tanto scoramento da parte dei professionisti del settore, anche di coloro che sono nel campo da decenni e hanno ormai un nome riconosciuto, fa in ogni caso un po’ di effetto. L’apocalittica affermazione di Angelo Foletto «la critica non esiste più, esiste solo l’informazione» anche se è in senso «più formale che sostanziale», o le parole di Andrea Estero che dissuadono i giovani dal pensare di intraprendere una carriera in quest’ambito, suonano alle orecchie di chi scrive e di chi, sotto la trentina, era presente in sala, come un’ulteriore triste riconferma di ciò che già, in fondo, si sapeva ma che si sperava potesse in qualche modo trovare altro spazio o prolungare la sua agonia. Patrizia Luppi modera il penultimo incontro del ciclo “Quel che resta del ’900” con Angelo Foletto, critico di Repubblica e presidente dell’Associazione Nazionale Critici Musicali, Andrea Estero, direttore responsabile di Classic Voice e vicepresidente dell’Associazione e Gaetano Santangelo, direttore di Amadeus, proponendo spunti di riflessione per capire come si è arrivati a questa situazione che definire arida e desertica è poco e quali possano essere gli sviluppi futuri.
Quel che è certo è che “fare critica” come si è fatta fino a un decennio fa non sembra cosa più possibile, “critica” come occasione di racconto, di interpretazione, come occasione di riflessione e spiegazione, come momento che fornisca al lettore una chiave di lettura dell’intero momento musicale. O almeno, non è cosa plausibile limitatamente a spazi che da sempre le sono stati riservati, il quotidiano, uno su tutti. Andrea Estero illumina sugli stravolgimenti che la stampa italiana ha subìto durante gli anni Ottanta e che non permettono più che essa sia luogo di riflessione, piegata a quelle logiche di mercato e profitto che l’hanno voluta assimilare ai canali televisivi commerciali. Durante il decennio successivo dai quotidiani scompare la terza pagina e la musica si sposta nelle colorate pagine centrali del quotidiano, insieme al teatro, al cinema, alla salute, il benessere, lo style, la moda, l’alimentazione, i viaggi: un calderone in cui la qualità del contenuto cala proporzionalmente al numero di lettori de giornale. Oggi si continuano a leggere e digerire in fretta tante notizie, e il momento di approfondimento è sempre più ristretto. Del resto, a che pro pubblicare sulla carta stampata la recensione di un concerto al quale in pochi hanno partecipato e che non è evento, come il cinema o il teatro, destinato a ripetersi? Hanno molto più successo le presentazioni, le anticipazioni di cartellone o di uscite discografiche che invoglino alla partecipazione o all’acquisto, o le interviste agli artisti, scorrevoli e facili da leggere, che mantengono sempre un certo appeal. Per le riviste specializzate le cose non sembrano andare meglio, il settore è in fortissima crisi, le uscite mensili non soddisfano più il bisogno di “tutto e subito” del pubblico; come testimonia Gaetano Santangelo, Amadeus, dopo venticinque anni, si vede costretto ad approdare sul web per mantenere aggiornata e viva la vera parte di “critica”; per tutto il resto rimane la carta. Che questo ancora non basti e non serva è convinzione di Angelo Foletto; ma allora?
Pochi gli spunti di riflessione su un possibile futuro, nessun riferimento alla realtà del web il cui pubblico sembra invece assetato di tutto ciò che sulla carta manca e che spesso invece incappa in prodotti di scarsa qualità, perché con l’html si lascia utilizzare da tutti. Certo se si è giunti a questo punto non è solo colpa della congiuntura economica che registra un calo vertiginoso delle vendite dei quotidiani e della stampa specializzata. Oggi si pubblicano e si leggono notizie più che recensioni e i critici non sempre hanno saputo e hanno voluto convertire la loro attività in una dallo stampo prettamente più giornalistico; il risultato è che coloro che si occupano di musica sui giornali sono per lo più cronisti dalla scarsa preparazione e informazione sul mondo musicale, il che comporta un’inevitabile riduzione della capacità critica. Si tratta dunque di spostare l’asse della critica da un’attività interpretativa ad una di tipo informativo, un sincretismo in cui riflessione e informazione, recensione e pezzo di colore, possano andare insieme anche nelle poche centinaia di battute che i quotidiani mettono a disposizione del mondo musicale. È vero, come Paolo Petazzi (L’Unità) aggiunge, che il problema è stata la trasformazione del contesto in cui il critico si inserisce, ma è anche vero che è necessario a questo punto prenderne coscienza e trovare altre vie e altri spazi; se una di queste è il web lasciateci, a noi delle nuove generazioni, almeno pensare che sia possibile.
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