di Redazione

Un cd dal contenuto variegato, quello prodotto dall’etichetta Continuo e inciso dall’organista Livia Mazzanti sull’organo Steinmeyer (1930) collocato presso la romana Christuskirche. Un cd che idealmente propone un excursus di vasto raggio entro la pluri secolare letteratura organistica. L’esordio è con le bachiane Variazioni canoniche su Vom Himmel hoch da komm ich her BWV 769. E subito si apprezza l’organista per la scelta dei registri, in primis, volti ad evidenziare la tramatura polifonica, già fin dalla prima variazione col cantus firmus al pedale e la festosa imitazione canonica in ottava tra soprano e tenore e le scorrevoli figurazioni nella parte acuta. Pulizia di fraseggi ed incisività ritmica contribuiscono a restituire l’allure gioiosa quasi danzante di queste variazioni natalizie, in una sorta di progress che già nella seconda variazione (a canone in quinta) è palpabile.

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Nella più ampia, articolata e complessa terza variazione poi (dal sound più umbratile) il gioco saporoso dei registri ben si presta ad evidenziare il carattere di ‘passeggiato’ tipicamente barocco del basso, bene anche l’aver sottolineato con eleganza i cromatismi di cui la variazione è disseminata. Luminosa si presenta giustamente la variazione successiva dalle sapide efflorescenze e dai sobri abbellimenti, affrontata con opportune scelte coloristiche e sciolti fraseggi, giù giù sino al solenne epilogo; infine il coronamento della pagina con la quinta, assai scorrevole ed ultima variazione: in cui l’interprete sceglie giustamente di conferire già nella parte iniziale maggior corposità al basso. E ancora una volta le opzioni coloristiche consentite dallo strumento sono un dato piacevolmente vistoso, giù giù sino alla spettacolare apoteosi delle ultime misure in organo pleno.   

Quanto ai celeberrimi e assai poetici Sei Corali BWV 645-650 detti Schübler dal nome dello stampatore se ne hanno ben presente centinaia di dissimili esecuzioni. Queste,  pregevoli e altamente apprezzabili per la chiarezza espositiva e l’intelligenza interpretativa, si impongono immediatamente all’ascolto: tempi giusti, niente nevrotiche provocazioni di certi sedicenti barocchismi e nemmeno eccessive lentezze, molta cultura e naturalezza, poste al servizio di uno dei più incredibili monumenti sonori eretti da Bach all’arte della variazione entro l’alveo del corale luterano. Se del notissimo (e iniziale) «Wachet auf» la Mazzanti coglie la brillantezza dell’esprit – lodevole ancora una volta la scelta coloristica non meno dell’incisiva pregnanza dei fraseggi – ecco che del cristallino «Wo soll ich» dalla veste concertante si ammira la ialina trasparenza. In «Wer nur» analogamente il tema del corale emerge in tutta la sua chiarezza,  circonfuso di linee contrappuntistiche: pagina che Alberto Basso giustamente considera un movimento di partita. Forse qualche eccesso espressivo si avverte in BWV 648 («Meine Seele») e pur tuttavia trova giustificazione nel tono meditativo del corale stesso (con minime défaillances tecniche dello strumento qua e là, non imputabili all’interprete, quasi impercettibili ritardi di emissione, qualche disuguaglianza timbrica e un rumore di fondo della meccanica che pure costituisce il fascino dell’organo, ed è l’occasione per apprezzarne la timbrica variegata, specchio di un’epoca). Da ultimo l’argentina lucentezza di BWV 649 («Ach bleib’»), col basso sobriamente tenuto un poco in disparte, e pur a solido sostegno, e le linee superiori bene in rilievo, infine il carattere quasi bucolico di BWV 650 («Kommst du nun»), amabile trio-sonata del quale la Mazzanti pone in luce tutta la soave grazia.

Un cd non solo bachiano, il presente: esso contempla infatti un salto nel Novecento  con la Terza Sonata di Hindemith, molto opportunamente posposta alle variazioni natalizie;  infine felice conclusione nel segno del sommo Ferruccio Busoni del quale si trova inciso il Preludio e doppia fuga su corale op. 7. Della Terza Sonata che Hindemith compose nel 1940 con scaltrita maestria contrappuntistica, facendo ricorso all’adozione di materiali folklorici in funzione di cantus firmus, l’interprete pone in evidenza il carattere meditativo e inizialmente assorto del primo movimento dalla bella curva espressiva. dove echi modali e contrappunto lineare convivono in singolare simbiosi (unico neo, forse un eccessivo ‘vibrato’ che finisce per conferire un carattere vagamente romantico del tutto estraneo alla pagina dalla dolcissima, rarefatta chiusa). Poi ecco il clima ancora più arcano ed evanescente del secondo pannello (dove l’impiego sobrio della cassa espressiva, aperta/chiusa aggiunge un che di palpitante). Molto apprezzabile la gradazione dei registri volti ad evidenziare il climax di questo movimento dal colore per lo più cinereo e cupo, forse riverbero delle vicende storiche legate all’esilio in Svizzera dell’autore, perseguitato dal nazismo. A portare una ventata se non prorpio di ottimismo certo di luminosità provvede l’ultimo movimento innervato di brio. che l’interprete affronta con ‘esattezza’ ritmica e la necessaria souplesse, giù giù sino ai consonanti accordi conclusivi.

Infine Busoni che fu pianista di vaglia, grande ammiratore di Bach, trascrittore e compositore in proprio di notevole levatura.  Pagina assai nota, il  Preludio e doppia fuga op. 7  è opera giovanile (1881) smaccatamente intesa quale esplicito hommage a Bach. Busoni  nel Preludio pare guardare al sublime esempio della Passacaglia del Kantor. Ed è con spirito bachiano che la Mazzanti molto opportunamente interpreta il Preludio stesso, affrontandolo con ieratica pacatezza, quindi esaltandone il crescendo mediano col gioco dei registri. Quindi ecco la vasta e impegnativa Fuga che consente all’interprete di porre in mostra la propria innegabile bravura.

Un plauso infine per al qualità della registrazione, nitida ed efficace con il giusto riverbero a conferire nerbo al tutto, ma senza quegli eccessi ‘da cattedrale’ che talora finiscono per  limitare pericolosamente la chiarezza esecutiva. Per gli amanti dell’organo, poi, un’occasione preziosa per apprezzare la timbrica possente e variegata di tale strumento, dalle sonorità ora pastose ora possenti, dai bei flauti e dai ripieni poderosi, strumento dallo specifico colore con un bel range espressivo e  gradevoli ance, strumento che, se maneggiato con intelligenza e sapiente equilibrio, consente per l’appunto di trascorrere da Bach a Hindemith, mettendone in luce la diversità e nel contempo l’ideale continuità, per così dire storico-stilistica.

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Pubblicato il 2015-05-13 Scritto da AttilioPiovano

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