di Corina Kolbe
Ruhevoll, poco adagio. Nella sua casa di vacanza in Svizzera Riccardo Chailly è tutto concentrato sulla partitura della Quarta Sinfonia di Gustav Mahler, canticchiando una melodia, quando ad un tratto la musica immaginata diventa udibile e lentamente si espande nell’imponente paesaggio montano dell’Alta Engadina. Inizia così il film Musica – un viaggio per la vita (A Journey for Life. The conductor Riccardo Chailly) nel quale il regista tedesco Paul Smaczny segue il direttore d’orchestra nel suo percorso artistico, dalla formazione in Italia alla Gewandhausorchester di Lipsia e alla Scala di Milano che dal prossimo anno lo vedrà direttore musicale. Il film, trasmesso lo scorso 23 marzo dal canale televisivo Arte, è uscito ora in dvd per l’etichetta Accentus.
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Figlio del compositore Luciano Chailly, scoprì la passione per la musica già nell’infanzia. «Quando avevo nove, dieci anni, dirigevo spesso a casa mentre ascoltavo i dischi», racconta Riccardo Chailly. All’inizio il padre non prese tanto sul serio la vocazione prematura del figlio, finché un giorno il direttore d’orchestra Franco Ferrara, ospite dei genitori, gli fece fare una prova con l’ Egmont di Beethoven, per portarlo in seguito a Siena a dirigere una vera orchestra.
Furono tre maestri a dargli una solida formazione di base, oltre a Ferrara anche Piero Guarino a Perugia e Franco Caracciolo presso il conservatorio di Milano. Decisivo poi l’incontro con Claudio Abbado, allora giovane direttore musicale della Scala, che nei primi anni Settanta lo fece suo assistente per i concerti sinfonici. «La combinazione delle tre scuole precedenti e lo studio giornaliero con Abbado mi hanno portato verso una mia tecnica, la mia propria lingua, la mia gestualità».
Nel film si vede Chailly come direttore affermato mentre dirige la Filarmonica della Scala opere liriche di Giuseppe Verdi in forma di concerto. L’opera lirica, una sua passione fin da giovane, l’ha portato anche sui podi di altri teatri importanti nel mondo. «A quindici anni lui già ascoltava tutte le opere alla Scala», ricorda Ernesto Schiavi, direttore artistico della Filarmonica. Smaczny ha seguito Chailly anche a Valencia, per La Bohème di Giacomo Puccini con la giovane Orquestra de la Comunitat Valenciana, nel modernissimo Palau de les Arts Reina Sofia, firmato dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava.
Oltre a Milano il centro della sua vita artistica rimane Lipsia dove Chailly è arrivato nel 2005, dopo essere stato alla guida della Radio-Symphonieorchester di Berlino e della Royal Concertgebouw Orchestra ad Amsterdam. Nelle vesti del ‘Kapellmeister’ della Gewandhausorchester, una delle orchestre più antiche del mondo, sente una particolare responsabilità verso la tradizione. Racconta che la diresse per la prima volta nel 1986 a Salisburgo, su desiderio di Herbert von Karajan. A tutt’oggi si ricorda del “fuoco” sprigionato dall’orchestra, in un periodo in cui Lipsia si trovava nella Germania comunista, separata dal Muro dal mondo occidentale.
La musica di Mahler è uno dei fili rossi che percorrono il film. A Lipsia, sulle orme di Bruno Walter che in questa città fondò una nuova tradizione per le opere dell’austriaco, Chailly e i suoi musicisti stanno completando l’incisione di un ciclo con le sinfonie mahleriane, delle quali la Seconda, Quarta, Sesta e Ottava sono già uscite in dvd per Accentus.
«La musica è un viaggio ininterrotto nell’arco di un’esistenza», confessa Chailly che per le riprese del film ha aperto anche le porte della casa a Milano dove abita con la moglie Gabriella ed è spesso in compagnia dei figli e nipoti. E Chailly si augura che anche per loro la musica possa sempre essere una compagnia fedele nella vita.
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