Il giovane pianista russo si aggiudica il primo premio della LXVI edizione del Concorso pianistico internazionale di Vercelli
di Attilio Piovano foto © Andrea Cherchi
SERATA di grandi emozioni sabato 24 ottobre 2015, al ‘Civico’ di Vercelli per la finale del Concorso Pianistico Internazionale ‘G. B. Viotti’ giunto alla sua LXVI edizione, promosso e organizzato dalla locale Società del Quartetto presieduta da Maria Arsieni Robbone che perpetua l’opera ultradeccenale del consorte. Una giuria internazionale presieduta da Sergei Dorensky con bei nomi del gotha pianistico mondiale (da Pavel Gililov a Roberto Cominati, da Pietro Borgonovo al nipponico Jun Kanno al canadese Jean Paul Sevilla al navigato Bruno Canino) ha selezionato giovani interpreti provenienti da oltre venti nazioni. Alla finale, condotta con professionalità, humour e brillantezza dal poliglotta Paolo Pomati, giungono in tre dopo selezioni durissime (una sessantina di concorrenti) e, come da regolamento, si misurano nella prova con l’orchestra. La compagine è quella del ‘Carlo Felice’ di Genova diretta dal giovane Andrea Sanguineti.
Il primo a suonare è lo statunitense ventisettenne Alexander Bernstein che interpreta con tecnica agguerrita l’impervio Terzo di Rachmaninov, il mitico Rach III, il pubblico lo applaude, critici ed esperti ne apprezzano le doti, nonostante una certa freddezza di tocco. Poi è la volta del russo Maxim Kinasov, appena ventidue anni e si cimenta col celeberrimo Primo di Cajkovskij mandando in visibilio il pubblico (che certo applaude anche la notorietà del brano). Ha vaste potenzialità, deve però ancora lavorare su vari fronti, smorzando eccessi, pesantezze e aggressività. Infine ancora un russo, Ilya Maximov, 28 anni, fisico minuto e aspetto mite. Quando siede alla tastiera e attacca il non meno celebre Secondo di Rachmaninov pare avere dinanzi un altro strumento. Eleganza, senso della forma, capacità di introspezione, cultura, fraseggi bellissimi e molto altro, oltre a una tecnica solidissima. È un professionista già formato e il pubblico applaude con convinzione.
Dopo le interviste di rito (presenza di lusso la danzatrice Luciana Savignano che fu premiata al Viotti nel 1961, quando le categorie erano svariate), la giuria pronuncia il verdetto e Maximov viene proclamato vincitore, secondo Kinasov e terzo Bernstein. Consegnano i premi ufficiali, quelli istituzionali e quelli offerti da vari enti, autorità del mondo accademico, in primis Cesare Emanuel, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale che anche quest’anno ha avuto un ruolo determinante nel sostenere il Concorso. Significativo che il premio del pubblico (lo si era ben compreso) vada a Kinasov.
Poi come da copione la sera di martedì 27 ottobre il primo concerto del vincitore è presso l’Accademia Filarmonica di Casale, entro la fascinosa cornice del salone d’onore di Palazzo Gozani di Treville. Il direttore artistico Maria Valdengo Depetris la sera stessa della finale aveva chiesto al vincitore il programma e Maximov con una naturalezza indicibile ha snocciolato autori e numeri d’opus. Sentirlo suonare l’op. 14 n. 1 di Beethoven regala già emozioni, ma è soprattutto nella toccante trascrizione pianistica di Prélude, Fugue et Variation op. 18 di César Franck che Maximov distilla con rara sensibilità la melanconia struggente di questa pagina organistica. Poi due Preludi (dall’op. 23 e dall’op. 32) del ‘suo’ conterraneo Rachmaninov che è senz’altro nelle sue corde (più di Beethoven) e ancora tre Études-Tableaux dall’op. 33 e qui Maximov dà il meglio di se stesso, passando dal clima raggelato e fiabesco dell’op. 32 n. 12 alla gragnola dell’op 33 n. 9 dai massicci accordi. Ha gusto, raffinatezza e solidissima tecnica e lo dimostra nella complessa Sonata n. 8 op. 84 di Prokof’ev dai passaggi che richiedono indicibile atletismo, ma anche dai seducenti, sognanti cantabili. Ovazioni e ben due bis raveliani, il Menuet ed il Prélude dal Tombeau de Couperin. Ricordatevi il suo nome: farà parlare di sé negli anni a venire. Di sicuro è destinato a imporsi presso le platee di tutto il mondo.