di Cesare Galla foto © Rof
Altrove in Italia è molto raro – se non impossibile – che l’avvicendamento al vertice di un’istituzione musicale sia esente da lungaggini, da “manovre” più o meno alla luce del sole, da discussioni e polemiche. Altrove ma non a Pesaro, non al Rossini Opera Festival, che conferma anche in questo la sua diversità e semmai la sua vicinanza alle buone pratiche correnti in Europa.
In effetti, la fulminea soluzione della possibile crisi gestionale determinata dalle dimissioni dello storico sovrintendente del ROF, Gianfranco Mariotti, non è moneta corrente nei tempi e nei modi, per quanto questi siano stati evidentemente solo la fase finale di un processo chiaramente concordato e accuratamente messo a punto. Sta di fatto che 24 ore dopo aver ricevuto in posta elettronica la nota con cui Mariotti si dimetteva dall’incarico ricoperto per 38 anni (cioè da quando esiste il ROF), i giornalisti sono stati messi al corrente che l’assemblea degli enti fondatori – riunitasi ad horas – aveva nominato al suo posto Ernesto Palacio.
L’addio di Mariotti, 87 anni, era nell’aria, ma ancora durante il festival dello scorso agosto non era considerato imminente. Si dava per scontato che sarebbe rimasto in sella fino alla naturale scadenza del suo contratto, fissata per l’anno prossimo. Ad accelerare gli eventi è stata una determinazione della Corte dei Conti in relazione al bilancio 2015, resa pubblica il 30 maggio 2017. Nel documento, a proposito del sovrintendente, la Corte ha espresso “perplessità circa la permanenza del carattere oneroso a soggetto in quiescenza”. Tradotto: in base alla Legge Madia sul pubblico impiego, chi è in pensione non può avere incarichi remunerati da parte di enti pubblici. Per lo stesso motivo, già all’inizio di quest’anno non era stato rinnovato il contratto a un’altra figura storica del ROF, la responsabile dell’ufficio stampa, Simona Barabesi.
Mariotti, dunque, esce di scena con dieci righe dettate “in piena serenità di spirito”, rivendicando con eleganza i grandi risultati raggiunti e senza ombra di polemica per la piega presa dagli avvenimenti sotto la regia del sindaco di Pesaro Matteo Ricci, stretto collaboratore del segretario del Pd Matteo Renzi, del quale condivide decisionismo e vocazione al ruolo di “rottamatore.
Non entra in scena, perché già vi si trovava, il tenore Ernesto Palacio, figura di rilievo nella Rossini Renaissance negli anni Settanta e Ottanta. In effetti, a questo punto Palacio è il dominus incontrastato del ROF, che nella sua quasi quarantennale vicenda mai aveva visto riuniti nella stessa persona tutti gli incarichi, com’è adesso. Nominato direttore artistico all’inizio del 2016, il tenore peruviano è diventato anche direttore dell’importantissima Accademia rossiniana dopo la scomparsa di Alberto Zedda nello scorso mese di marzo ed ora assume la sovrintendenza. Nei prossimi mesi si capirà se il Consiglio di amministrazione intende adottare qualche correttivo a questa inedita situazione che presenta elementi problematici, considerando quanto una proficua gestione artistica necessiti dell’utile dialettica fra esperti piuttosto che di un assoluto monolitismo.
Nel 2016 la nomina di Palacio a direttore artistico aveva suscitato qualche perplessità fra gli addetti ai lavori per il fatto che il tenore peruviano dopo aver concluso la carriera di cantante si era dedicato al management. Allora la risposta era stata che la sua attività manageriale era cessata nel 2015, anzi, il 10 aprile 2015, come riporta senza ulteriori precisazioni la pagina a lui dedicata in Wikipedia, versione italiana.
Un tempo sufficiente per passare dall’altra parte della barricata senza problemi? Difficile dirlo. In ogni caso, sarebbe opportuno che il nuovo sovrintendente si preoccupasse di rendere omogenei i dati che lo riguardano su Internet. La sua pagina nella versione inglese di Wikipedia, infatti, non solo non dà dettagli sulla cessazione dell’attività di agente e manager, ma anzi offre il link a una pagina dell’Ernesto Palacio Artists Management che riporta un elenco di artisti di cui si occuperebbe, fra i quali figurano Juan Diego Flórez, Daniela Barcellona, Paolo Bordogna, Dmitry Korchak e il direttore d’orchestra Michele Mariotti. Tutti di casa al Rossini Opera Festival.