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La recente scomparsa di Alex Steinweiss (1917-2011), l’inventore delle copertine dei dischi, ha privato il mondo dell’editoria musicale di uno dei suoi grafici più interessanti ed originali. Le sue scelte furono stimolanti per tutte le altre label

Prima dell’intuizione di Steinweiss i dischi venivano venduti avvolti in una carta pesante e anonima, spesso di colore marrone o verde. Una confezione senza fronzoli, dunque, come avveniva comunemente per molti beni di consumo non ancora in preda alle scelte di marketing. Nel 1938 Steinweiss fu assunto come grafico pubblicitario dalla Columbia Records e, piuttosto che occuparsi unicamente del design pubblicitario su giornali e riviste, decise di proporre ai dirigenti della Columbia di stampare copertine colorate che catturassero l’attenzione del pubblico e donassero originalità e differenziazione al prodotto discografico. Nonostante lo scetticismo dei suoi capi, l’idea si rivelò azzeccata e le vendite aumentarono vertiginosamente, facendo di Steinweiss il primo art director della storia del disco. Pochi anni più tardi l’introduzione del long-playing (33 giri) generò un problema imprevisto: la carta utilizzata fino a quel momento per avvolgere i dischi rovinava i microsolchi del vinile. Steinweiss ideò allora la confezione di cartone che oggi conosciamo e che è inscindibile, nell’immaginario collettivo, dal disco in vinile. La somma di queste due invenzioni donava ai dischi quella dignità che essi non possedevano se considerati solo alla stregua di puri mezzi per trasportare e immagazzinare la musica, e inoltre conferiva ad essi almeno due caratteristiche importanti: una sensoriale, rappresentata da quel fascino visivo altrimenti assente in un prodotto pensato unicamente per essere ascoltato, e una puramente collezionistica, che rendeva i dischi belli anche solo da vedere o esporre.
La prima copertina di Steinweiss vide la luce nel 1938 per un disco di Rodgers & Hart con accompagnamento orchestrale. Da quel momento in poi egli ideò e supervisionò più di 25.000 copertine di ogni genere, costituite spesso da suoi disegni e destinate a presentare al pubblico le interpretazioni di grandissimi artisti del ’900 [1].

Le altre grandi case discografiche non persero tempo e iniziarono a rispondere alle idee della Columbia Records sia nel settore della musica classica sia in quello della musica leggera
Se nella leggera le scelte furono spesso originali, arrivando a sfociare nella pop-art [2], nella classica si è assistito allo sviluppo di due idee principali: quella del ritratto e quella dell’opera figurativa, lasciando spesso da parte l’originalità di creazioni grafiche come quelle di Steinweiss [3]. A questo proposito è interessante notare alcune differenze tra le copertine dei vari generi musicali. Negli album leggeri è raro trovare sulla copertina il logo della casa discografica, al contrario di quanto accade con la classica, dove l’etichetta ha un valore tradizionalmente più alto e tende ad essere garanzia di qualità o comunque individua veri e propri settori discografici (si pensi alle case che propongono solo riedizioni storiche o solo incisioni di un certo periodo storico). D’altro canto, è inscindibile il legame tra la copertina di un album rock e la musica in esso contenuta, tanto da creare casi di copertine di culto quasi maggiore della musica stessa: ad ogni riedizione si è dunque obbligati a preservare la stessa immagine, a differenza di quanto accade con i dischi classici, che spesso cambiano pelle adattandosi a collezioni, raccolte, e così via [4].

Si è detto del tipico accostamento tra musica e arte figurativa. Questo rapporto può essere indagato evidenziando vari tipi di affinità, principalmente tematiche, storiche e stilistiche. Per i rapporti tematici un buon esempio è costituito dal grandissimo numero di dischi di musica sacra che presentano copertine con opere dal medesimo soggetto, oppure dai dischi con copertine dedicate a composizioni fotografiche di soggetti legati al tema della musica; parlando di affinità storiche, ve ne sono di semplici, atte a rappresentare la città o il periodo che fanno da sottofondo ad una certa opera (una vista di Vienna come copertina di un disco di musiche di Mozart), oppure ve ne sono altre più interessanti che creano ponti tra vari settori dell’arte (un binomio molto frequentato è costituito da Mahler e Klimt, artisti attivi nella Vienna di inizio ’900). Per finire, i legami stilistici, forse i più affascinanti, che puntano a evidenziare aspetti comuni tra gli stili di due artisti o di due scuole (Hindemith e Klee)

E si è detto anche dei ritratti: la RCA a partire dalla fine degli anni ’50 presentò al pubblico una straordinaria serie di incisioni stereo (RCA Living Stereo) a lungo ammirate sia per la qualità artistica che per la qualità tecnica delle registrazioni [5]. Ebbene, molti di quei dischi puntavano su copertine di grande impatto che spesso presentavano ritratti stilizzati degli interpreti o dei compositori. Dello stesso genere alcune delle più belle copertine di DECCA ed EMI, tradizionalmente più dedite ai ritratti fotografici degli esecutori.

Ma molto frequentato è anche il campo del ritratto fotografico classico, nel quale spiccano alcuni grandi esempi dell’epoca d’oro della Deutsche Grammophon, di notevole eleganza.

Completamente fuori degli schemi i dischi della Westminster Gold, soprattutto per il panorama classico, che toccano la pura provocazione senza risparmiare a volte scelte che finiscono per arrivare al trash [6].
(Tre dischi della Westminster Gold: Terzo concerto e Fantasia corale di Beethoven -Barenboim-, Sinfonie “Militare” e “Degli addii” di Haydn -Scherchen- e una raccolta di incisioni chitarristiche di Jean Pierre Jumez)
In tema di fotografia, non si può non citare la ECM, casa discografica nota principalmente per i grandi dischi jazz prodotti, ormai attiva da anni anche nel repertorio classico. Le copertine della ECM costituiscono un oggetto artistico a sé stante che completa un prodotto musicale di grande qualità artistica e tecnica come meglio non si potrebbe. Lo stile e l’eleganza delle fotografie di copertina, spesso in bianco e nero (molte delle quali sono state curate dal fotografo italiano Roberto Masotti), hanno dato vita a una raccolta monografica molto interessante (Windfall Light: The Visual Language of ECM, Lars Muller Publishers).

Negli ultimi anni la proliferazione di etichette minori ha creato una grande varietà di scelte grafiche. Tra le più interessanti e originali, per quanto minimaliste, le copertine della Col legno, che puntano su scelte bicromatiche di colori spesso complementari o comunque di grande impatto visivo.
Assolutamente geniale e fuori di qualsiasi schema l’idea di Tristan Perich, autore di musica elettronica registrata su supporti hardware materialmente incollati sulla custodia dei compact disc e direttamente fruibili tramite un’apposita uscita audio [7].

Se già l’introduzione del compact disc, col suo formato ridotto, ha avuto modo di impoverire gradualmente la qualità delle copertine, diminuendone l’importanza e l’originalità, ci si può chiedere cosa sarà di esse con la sempre più grande diffusione della cosiddetta musica liquida, ovvero dei formati digitali che, per loro natura, non necessitano neppure di un mezzo fisico per essere diffusi. Allo stato dell’arte, non c’è lettore musicale portatile che si rispetti che non offra la possibilità di catalogare la propria musica attraverso la visualizzazione delle copertine degli album. C’è da sperare che in un probabile futuro privo di supporti fisici l’affascinante storia iniziata da Alex Steinweiss più di settant’anni fa possa in qualche modo continuare a sopravvivere, catturando il rinnovato pubblico degli appassionati di musica.
Vittorio De Iuliis
© Riproduzione Riservata
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NOTE:
[1] Limitatamente alla scena classica, egli curò i dischi di nomi come Bruno Walter, Fritz Reiner, Eugene Ormandy, Rudolf Serkin, e innumerevoli altri artisti che incidevano per la Columbia Records.
[2] Si pensi alla banana di Andy Warhol per i Velvet Underground. In tema di dischi rock di culto, c’è una interessante curiosità che riguarda, pur marginalmente, la musica contemporanea: sulla copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band appare, quinto in alto da sinistra, Stockhausen.
[3] In realtà l’idea di copertine unicamente grafiche non fu di certo abbandonata del tutto, ma piuttosto relegata a sporadiche apparizioni o a serie di dischi monografiche, spesso costituite da riedizioni di uscite precedenti (si pensi alla serie DGG dedicata ai compositori del XX secolo).
[4] Il culto delle copertine originali ha influenzato le scelte delle case discografiche, che hanno riproposto, a larga richiesta, cofanetti di compact disc caratterizzati dalla veste grafica dei vinili originali, anche a discapito della leggibilità ridotta del più piccolo CD. La Sony Classical, che nel frattempo ha acquisito i cataloghi della Columbia e della RCA, ha creato le Original Jacket Collection di importanti artisti del ’900, tra cui Glenn Gould, Vladimir Horowitz, Leonard Bernstein, Arthur Rubinstein e molti altri. Per un elenco dettagliato si veda qui.
[5] La qualità tecnica di queste incisioni è talmente alta che esse sono state rimasterizzate in Super Audio CD. Un’altra serie di primissime registrazioni stereofoniche di straordinaria qualità tecnica è la Mercury Living Presence.
[6] Per una collezione di copertine della Westminster Gold si veda qui.
[7] Si veda il sito ufficiale dell’artista.
Per una selezione di copertine particolari si veda questa galleria fotografica.
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