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Festival • Per la prima volta al Maggio Musicale viene rappresentata un’opera del compositore veneziano: quasi esclusivamente femminile il cast, regia di Marco Gandini, sul podio un direttore esperto del repertorio barocco come Federico Maria Sardelli, che abbiamo intervistato
di Michele Manzotti
[Egrave] vicino il debutto di Antonio Vivaldi al Maggio Musicale Fiorentino. Sembra paradossale, ma l’autore delle Quattro stagioni è incluso per la prima volta nella storia del festival come operista. Il Farnace è il titolo prescelto per questo esordio del compositore veneziano a quasi 280 anni dalla sua scomparsa. Si tratta inoltre di una prima mondiale in forma scenica. A dirigere l’opera (al Teatro Comunale il 29 e il 31 maggio) è Federico Maria Sardelli, riconosciuto come autorevole esperto di Vivaldi, con la regia di Marco Gandini. La storia consiste in un intreccio tra vicende di guerra dove entrano in gioco amori tormentati e drammi familiari attorno a Farnace, figlio di Mitridate, re del Ponto e nemico di Roma. Nel cast interpreti specializzati nel repertorio barocco, con maggioranza femminile dato che ci sono ben cinque contralti, oltre a un soprano e a due tenori. Ne parliamo con lo stesso direttore d’orchestra.
Vivaldi fu un grande operista, eppure oggi lo conosciamo soprattutto come autore di concerti. Come lo spiega?
«Va ricordato che la riscoperta di Vivaldi è avvenuta solo nel ’900. Prima di allora tutta la sua opera era caduta nell’oblio e inizialmente solo la musica strumentale fu oggetto di attenzione. Invece compose quasi cento opere, ma fino a noi ne sono arrivate 22. Inoltre molte di queste sono mancanti di parti più o meno importanti, come arie, recitativi o addirittura atti interi. Questo è il caso del Farnace, di cui presentiamo qui una versione in due atti invece dei tre previsti nel libretto di Antonio Maria Lucchini».
L’opera sarà riproposta così o ha previsto aggiunte?
«Sono contrario a ricostruire musica che non esiste più, specialmente di un compositore come Vivaldi che era estremamente rigoroso e preciso nella scrittura. Lui scrisse una prima stesura del Farnace nel 1727, tra l’altro ottenendo un grandissimo successo nei teatri di Veneto e Lombardia. Poi ne compose altre sette versioni fino a quella del 1738 che presentiamo al Maggio. Avrei potuto mettere il terzo atto del Farnace del 1727 (come purtroppo è successo in un’incisione discografica), ma è come se fosse un’opera diversa. Purtroppo con Vivaldi queste licenze avvengono spesso, proprio a causa della scarsa fama del repertorio. Si immagina se succedesse una cosa del genere con il Fidelio di Beethoven?».
In questo caso sarà una prima mondiale in forma scenica dell’edizione del 1738. Quale il motivo della scelta?
«Doveva essere rappresentata a Ferrara in occasione del carnevale del 1739. In quel periodo la città era sotto lo Stato Pontificio e l’anno precedente il cardinale Ruffo aveva bandito Vivaldi per una presunta relazione con un’artista facendogli così saltare un contratto importante. Il compositore riuscì a ottenere un nuovo allestimento di due opere, affidandole a una persona di fiducia che potesse lavorare a Ferrrara. Il Farnace venne però cancellato dalla programmazione dopo il fiasco, pilotato dallo stesso cardinale Ruffo, dell’altro lavoro vivaldiano, il Siroe. Nel 1741 l’autore morì, senza aver potuto mettere in scena il titolo. Comunque, in accordo con il regista ci siamo presi un’unica licenza».
Quale?
«La riproposta di un’aria inserita in conclusione dell’opera. Si tratta di quella cantata da Farnace nella sesta scena dello secondo atto, ma con il testo e la musica parzialmente diverse e recuperata da una versione precedente. L’atto si concludeva con un duetto d’amore di due personaggi collaterali, ma tutto Il Farnace è un’opera drammatica, piena di situazioni forti. È il protagonista stesso che canta “Gelido in ogni vena”, una delle pagine più belle di Vivaldi. Che tra l’altro ricorda l’Inverno dalla Quattro stagioni che è scritto nella medesima tonalità dell’aria».
L’orchestra utilizzerà strumenti d’epoca?
«Solo nel caso delle trombe e dei corni, i cui esecutori utilizzeranno quelli naturali, senza pistoni. Per il resto gli strumentisti del Maggio stanno facendo egregiamente il loro compito dando vita a un’orchestra barocca, che sarà adeguata allo spazio teatrale e quindi piuttosto numerosa. Fortunatamente mi trovo di fronte a professionisti dalla grande duttilità che provano Vivaldi la mattina dopo avere eseguito autori completamente diversi come Verdi o Britten».
Una domanda al regista Marco Gandini: dal punto di vista scenico, quale lettura è stata data?
«Anche se è un’opera barocca ho voluto togliere dalla sua rappresentazione tutti gli orpelli. Ci saranno i cambi di scena indicati nel libretto, ma li ho realizzati come se fossero quadri di un’esposizione. Inoltre anche i recitativi hanno una valenza drammaturgia importante. È un’opera che ha continui colpi di scena come in forme moderne di narrazione, tipo (non sembri strano) le serie televisive».
Info: www.maggiofiorentino.it
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