Tempo di bilanci per il festival di Sentieri Selvaggi, giunto al termine con il concerto del Laboratorio Novamusica diretto da Giovanni Mancuso, lunedì 16 a Milano. È questa l’occasione per parlare con il compositore e direttore milanese
di Simeone Pozzini
FANTASIA AL POTERE è il titolo dell’ultima edizione del festival dell’ensemble Sentieri Selvaggi, del quale Carlo Baccadoro, tra i fondatori insieme a Filippo Del Corno e Angelo Miotto, è da sempre direttore musicale e mente creativa dei progetti. L’ultimo concerto in programma, intitolato Smallest Hits, si svolgerà lunedì 16 giugno presso il teatro Elfo Puccini di Milano alle ore 21. Protagonista della serata sarà il veneziano Laboratorio Novamusica diretto da Giovanni Mancuso. Tra commissioni, ricognizioni storiche e nuove proposte il festival dell’ensemble Sentieri Selvaggi ha creato un modello d’ascolto che difficilmente potrà essere eluso, poiché nuovo è il rapporto con la contemporaneità ed i suoi corollari, in termini compositivi quanto esecutivi. Bilancio di festival che «direi positivo – ci dice Carlo Boccadoro –. Il pubblico ci segue. La settimana scorsa abbiamo fatto un concerto con le musiche di Carlo Galante ed era tutto esaurito. C’è sempre grande entusiasmo. Non ci possiamo lamentare. Abbiamo un pubblico fedele, che è in cresciata, anche di amici – come li chiamiamo noi – che ci sponsorizzano, ognuno dà quello che può. Commissioniamo brani nuovi, anche questi sono molto in crescita. Persone che non avevano mai visto il nostro gruppo e sono venute per la prima volta erano molto contente, hanno promesso di tornare. Abbiamo seminato bene, direi, per il futuro».
A Londra avete eseguito negli scorsi giorni la Grande Suite da Garibaldi en Sicile di Marcello Panni. Qual è stata l’accoglienza e pensate ad una riproposta italiana?
«C’è stata un’atmosfera molto calorosa, anche lì tutto esaurito. Quando possiamo la musica di Marcello cerchiamo di riproporla. L’avevamo già fatta a Pavia con Elio De Capitani. È un autore che abbiamo sempre in mente».
Garibaldi en Sicile è una storia di liberazione. Qual è l’atteggiamento borbonico dal quale si deve liberare l’ascoltatore di oggi?
«Non saprei dire, perché noi di spettatori borbonici non ne abbiamo. Abbiamo un pubblico molto diverso, poi ci sono persone di tutte le età, tutti molto disponibili, aperti. I Borboni stanno da un’altra parte, stanno nei festival ufficiali, più paludati, in certi teatri. Ma sai, certo pubblico Borbone non lo puoi cambiare più, ormai è così. Si può sperare solo che si estingua naturalmente. Ce ne vuole uno nuovo, ci vuole un ricambio del pubblico che sta lentamente avvenendo, ma a volte con una lentezza da glaciazione».
Il pubblico che alla Scala ha fischiato Lachenmann è borbonico oppure no?
«Quelli hanno fischiato tutti. Hanno fischiato Kleiber, Muti, Abbado, hanno fischiato tutti. Ma io non so nemmeno se è il pubblico della Scala, sono quei quattro loggionisti fischiatori, sempre quelli. Non credo fosse tutto il pubblico della Scala, perché comunque c’era stato un festival Lachenmann di grande successo. C’è un manipolo di ignoranti fischiatori, così che qualcuno li noti. Poi che sia Lachenmann o Mozart, hanno fischiato qualsiasi cosa, anche Verdi… Mi dispiace per Lachenmann che comunque è una bravissima persona e c’è rimasto male. Però se quel pubblico, anzi quel manipolo – li chiamo manipolo perché sono dei fascisti –, se quel manipolo di fascisti vuole continuare a fare la parte appunto dei fascisti ignoranti facciano pure. Però sono loro, è una cosa molto circoscritta. Non metterei la croce sulla Scala che invece ha dimostrato di saper apprezzare opere contemporanee con grande entusiasmo. Direi semplicemente che sono persone ignoranti a cui si dà troppa rilevanza mediatica. Bisognerebbe ignorarli ».
Certamente, mi riferivo quel gruppo. Tuttavia anche tra i non fischiatori c’è chi lamenta regìe troppo moderne…
«È anche un modo di farsi notare. Sono problemi di narcisismo. Poi adesso nell’era di internet chiunque sale sulla cassetta della frutta e fa trattati».
Tra i prossimi impegni di Sentieri Selvaggi…
«A Luglio faremo un concerto all’alba, sul lago di Como, alle 5:30 del mattino, che non sarà proprio la cosa più agevole del mondo. Del resto ne avevamo fatto uno in piena notte a Roma per la Notte Bianca».

…e prima ancora il concerto conclusivo del vostro festival con Mancuso e il Laboratorio Novamusica.
«Giovanni è un compositore con il quale lavoriamo da tanto tempo, nel senso che suoniamo la sua musica. Lui ha questo gruppo di musicisti pazzi e molto bravi a Venezia, fra cui c’è anche Pietro Tonolo, che è un jazzista che tutti conoscono, che sono un po’ compositori un po’ improvvisatori. La sua musica è in parte scritta, in parte performance, influenzata da Frank Zappa, molto caratterizzata politicamente. C’è un pezzo su Nicola Mancino, brani sugli incontri di Dell’Utri e vari mafiosi. È un compositore che non ha paura di dire le cose con chiarezza e che ha un grande senso appunto zappiano del colore e dell’umorismo. È una musica di grande virtuosismo e anche molto divertente. Una musica indefinibile, c’è dentro di tutto: jazz, rock, avanguardia e cose più strane come strumenti inventati. Per esempio ci sarà un Concerto per flauto e sei strumenti con trappole».
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GIOVANNI MANCUSO E IL LABORATORIO NOVAMUSICA
«Avevamo raccolto delle firme al Conservatorio di Venezia per fare musica contemporanea, sembrava esserci un gran fermento; poi il direttore di allora ha stracciato tutto, non voleva saperne. Allora ci siamo presentati in un posto esterno al Conservatorio e abbiamo fondato questo gruppo». Così Giovanni Mancuso ed altri firmatari hanno dato vita nel 1991 ad una realtà indipendente, l’ensemble Laboratorio Novamusica. «In un certo senso è stata la nostra fortuna». Laboratorio Novamusica è una «officina musicale, poiché non ci sono solo esecutori ma anche compositori, in passato si facevano grandi discussioni ogni settimana, insomma un vero e proprio laboratorio. Nel concerto ci sono pezzi di diversa ispirazione, sia la relazione con il jazz e l’improvvisazione, e poi una parte della mia produzione nella quale, anni fa, scrivevo musiche che riguardavano la cabala e il numero (vedi il brano che eseguirà Pietro Tonolo al sax sopranino solo). Poi c’è la parte diciamo politico-sarcastica, il grande ritorno dei cervelli in fuga, ovvero Marcello Dell’Utri, con un brano intitolato Marcello: poi un brano su Nicola Mancino. In fine dei brani più zappiani come Lebedik un freylek. La novità del concerto è un nuovo brano più africano, lavorato su poliritmie più estreme e complesse, con una parvenza più jazzistica. È un programma molto colorato con brani molto diversi tra di loro: l’attitudine all’ironia e al divertimento con una complessità di scrittura. Non si tratta di fare surf tra i generi. È vero che ascolto un po’ di tutto ma poi vorrei trasmettere qualcosa di mio. L’organico è strano, c’è l’oud, il minimoog, qualche strumento particolare». (S.P)
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