di Luca Chierici foto © Giovanni Hänninen
Era appena terminata la maratona milanese di Piano City e la città non ha avuto nemmeno il tempo di un lungo riposo: ecco infatti affacciarsi lunedì altri due appuntamenti imperdibili per chi si occupa di cose pianistiche. La contemporaneità dei due eventi – il concerto di Daniil Trifonov e Daniel Harding ospiti della Filarmonica della Scala e il recital di Lucas Debargue per le Serate Musicali – pareva costringere al sacrificio di uno dei due ascolti. Per fortuna i concerti della Filarmonica prevedono anche un breve calendario di prove aperte, che ci ha permesso di partecipare a una sessione di prova pressoché definitiva in programma per la tarda mattinata.
La sorpresa che attendeva chi già ben conosceva l’estro interpretativo di Trifonov non era per nulla prevedibile: il terzo concerto di Prokofiev è suonato da una miriade di pianisti tecnicamente agguerriti che seguono in generale una impostazione tendente a far prevalere il lato meccanicistico dell’invenzione del musicista russo, con una predilezione verso i toni forti e la percussività. Si punta così al novanta per cento sull’incessante apparato motorio e si dedica la rimanente parte dell’attenzione ai momenti lirici che vengono però vissuti come un’oasi di refrigerio, di pausa, un riposo più che necessario al solista provato dalle immani difficoltà. Trifonov ha fin dai primi istanti presentato un gioco pianistico di estrema raffinatezza e poesia, dove l’elemento meccanico era trasformato in un leggero e ancora più veloce incantesimo di dita, a volte quasi sussurrato, e dove il percorso musicale veniva spesso lasciato pulsare in maniera molto inventiva. Questa impostazione, non sappiamo quanto concordata col direttore, veniva assecondata da Harding in maniera attenta e partecipe e sostenuta da un’orchestra bene in sintonia. Ne è uscita una esecuzione splendida, innovativa, che ha meritato gli applausi convinti del pubblico presente in sala. Una esecuzione che ha confermato come Trifonov sia forse oggi l’elemento di spicco di una generazione under 30 che rilegge molti testi sacri secondo una prospettiva che diverge dalla tradizione senza negarla però in maniera vistosa e soprattutto senza dirigersi mai oltre i limiti del buon gusto.
Prokofiev – Concerto III DO op.26 (finale) – Trifonov D.,Fil.Scala, Harding D. – 210518 – Scala
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Le Serate Musicali hanno pensato bene di riconfermare per la presente stagione l’appuntamento con Lucas Debargue, anch’egli pianista sensibilissimo e originale che avevamo già ascoltato lo scorso anno. Debargue si è presentato alla sera in Sala Verdi con un programma molto ambizioso che riservava il posto a Chopin nella prima parte, per rivolgersi nella seconda alla estremamente impegnativa Sonata n.2 di Karol Szymanowski, un tempo cavallo di battaglia del grande Sviatoslav Richter ed eseguita in tempi remoti persino da Arthur Rubinstein, connazionale e grande amico dell’autore. Già l’incipit del programma, con la scelta della famosa Polacca op. 53, evidenziava un pensiero controcorrente che smontava tutta una certa tradizione esecutiva e metteva in dubbio il significato stesso di un lavoro che è sempre stato pensato come un inno al patriottismo e una celebrazione degli antichi fasti di una nazione caduta in disgrazia. Alla Polacca veniva quasi sempre riservato il posto del “gran finale” o del bis che concludeva un recital impegnativo: la scelta di Debargue puntava invece a sottolineare altri aspetti, forse più inquietanti, mettendo in luce ad esempio (ma lo aveva già fatto l’ultimo Horowitz) gli oscuri presentimenti che aleggiano sulla sezione che precede appena l’ultima ricapitolazione del tema famosissimo, là dove le filigrane della mano destra sembrano perdersi in un percorso circolare dal quale non sembra facile uscire. Nella Barcarola op.60 e nello Scherzo op. 31 Debargue ha seguito orme più tradizionali ma non meno affascinanti per quanto riguarda la cura del suono. Nello Scherzo op. 20 si è ammirata una ricerca di voci secondarie nella cullante parte centrale e nel Notturno op. 48 n. 1 la tendenza a forzare la melodia come se si trattasse di un omaggio allo stile proprio di Alfred Cortot.
Ma ancora più interessante è stata la ripresa da parte di Debargue della difficilissima seconda sonata di Szymanowski, da lui resa con chiarezza stilistica esemplare e straordinaria pulizia nonostante l’atteggiamento di coraggiosa sfida da lui dichiarato fin dall’inizio per un lavoro che richiede al pianista una concentrazione fortissima. Debargue ha fin rammentato a chi scrive una antica esperienza di ascolto di straordinario impatto, soprattutto nel momento in cui l’autore prepara con una raffica di accordi dissonanti la comparsa dello spigoloso tema della fuga. Dei due frammenti, fino alla conclusione finale, si riportano entrambe le visioni sonore, non per una nota di confronto ma per testimoniare un passaggio di consegne ai più alti livelli.
Szymanowski – Sonata II LA op.21 (fuga) – Debargue L. – 210518 – Serate Musicali
Szymanowski – Sonata II LA op.21 (fuga) – Richter S. – 280584 – Bergamo