di Luca Chierici
Poche cantanti come Asmik Grigorian hanno acquisito relativamente di recente una schiera di ammiratori che giustamente ne sottolineano le cospicue doti vocali e soprattutto interpretative. I suoi successi a Salisburgo e alla Scala, a Bayreuth e Londra in un repertorio tutt’altro che facile hanno fatto di lei uno dei personaggi più in vista in un mondo musicale sempre più competitivo.
Con grande attesa si attendeva quindi il recital scaligero che riapriva la stagione a settembre attraverso un concerto centrato sulle figure di Čajkovskij e Rachmaninoff, recital replicato in varie sedi europee e che vedeva la presenza altrettanto straordinaria di un pianista anch’esso lituano che consideriamo da tempo tra i maggiori in circolazione, il poco più che trentenne Lukas Geniušas. I due hanno da poco inciso un cd di successo contenente una ventina di melodie di Rachmaninoff e in questo programma l’impaginato si è esteso al nome di Čajkovskij comprendendo anche tre pagine per pianoforte solo di indubbio fascino. Un recital che ricordava in parte gli exploit della Netrebko con Barenboim o, a livello discografico, quelli ben più vasti e di altri tempi della Söderström con Ashkenazy.
Un programma denso, al di fuori dei consueti impaginati che regolano i concerti di canto alla Scala e che richiede al pubblico – non solamente quello che si appassiona esclusivamente al momento dei bis tratti dal repertorio operistico più noto – una particolare attenzione e sintonia con il pure affascinante mondo della liederistica russa.

Tra le oltre cento melodie scritte da Čajkovskij sull’onda della sua incredibile sensibilità i due interpreti hanno scelto sei numeri appartenenti a distinti periodi del catalogo del musicista, dai due dell’op. 6 (1869) fino al terribile commiato dell’ultimo lied “Di nuovo solo, come prima”, scritto sei mesi prima della morte. Come intermezzo, Geniušas ha suonato una Romanza op. 5, lo Scherzo humoristique op.19 e la grande Dumka op. 59, rinnovando da par suo (e con differente visione interpretativa) le indimenticabili letture di Gilels e Horowitz. Nella seconda parte è stata la volta di undici melodie tratte dalla altrettanto prolifica produzione di Rachmaninoff, indubbiamente debitrice nei confronti del corpus di Čajkovskij così come di quello di Rimskij e Mussorgski. In questo caso i titoli scelti procedevano in ordine di composizione, da due numeri dell’opera 4, tra i quali il famoso quarto «Non cantare per me, bellezza mia» noto anche attraverso numerose trascrizioni a quel “Dissonanza” op.34 n.13 che dà il titolo al cd.
La voce della Grigorian si presta alle infinite variazioni di intensità e soprattutto alla sempre cangiante sensibilità imposti da questo tipo di repertorio, con una perfetta calibratura nel rapporto tra testo e musica. Dal canto suo Geniušas è intervenuto come meglio non si poteva attraverso le doti raffinate di un pianismo di grande eccellenza, commentando con grande intensità di suono ma anche con delicatezza le cangianti tessiture intonate dal soprano. Successo enorme coronato dalla risposta di tre bis dalle raccolte opp. 14, 21 e 26 di Rachmaninov.