di Alberto Bosco
A novant’anni dalla prima esecuzione, l’Arabella di Strauss è stata finalmente proposta al pubblico di Madrid. La direzione del Teatro Real ha scelto di affidare questo debutto alla regia di Christof Loy che nel 2019 aveva qui già raccolto un notevole successo per il suo lavoro su Capriccio.
Anche questa volta l’accoglienza è stata ottima e, grazie anche a un’esecuzione impeccabile, alla fine della lunga serata gli applausi della sala piena sono stati calorosi e convinti. Cosa non scontata perché l’Arabella, checché si sia soliti dire, è molto diversa dal Cavaliere della rosa. È partitura molto più asprigna, non così seducente, segnata da un fondo pulsante di grande irrequietezza e da sonorità alquanto dissociate. Certo, non mancano i passi sentimentali ed espansi, che però non riescono a far da baricentro a un’opera che è tutta un vortice, e suonano infatti calcolati a tavolino, primo fra tutti il “volemose bene” finale, tentativo posticcio e poco riuscito di concludere l’intrigo con un mozartiano invito al perdono.
L’impostazione minimalista di Loy che ha ambientato la vicenda in anonimi interni anni Trenta e ha lasciato fuori scena i riferimenti alla Vienna di fine impero, ai balli e al carnevale, sembra voler appunto rimarcare questa differenza con la dorata e nostalgica ricostruzione della Vienna del Cavaliere della rosa. E così anche la direzione di David Afkham, asciutta, parca di slanci e abbandoni, insomma un po’ distaccata se vogliamo, ma rivelatrice della modernità di questa partitura. Culmine della serata è stato il secondo atto, vero e proprio tour de force musicale, in cui il montaggio e l’incastro dei vari episodi è stato reso in modo stupendo da regista, direttore e cantanti. Tra questi ha spiccato certamente Sara Jakubiak nei panni di Arabella: la sua voce sicura e calda e aveva persino un che di troppo risolto e levigato per un personaggio che si vorrebbe in bilico tra adolescenza ed età adulta. Sembrava quasi di sentire la Elena dell’Elena egiziaca, ma è probabile che il problema stia piuttosto nella partitura dove le inquietudini sono tutte concentrate nel personaggio della sorella Zdenka, qui interpretata da Sarah Defrise, dotata di voce piccola ma sempre molto a fuoco e molto spigliata in scena. Menzione speciale infine sia a Martin Winkler, perfetto nella parte del padre spiantato e senza scrupoli, sia a Elena Sancho Pereg, scintillante Fiakermilli.