di Redazione

Compositore indipendente, svincolato dai percorsi delle avanguardie musicali, Carlo Alessandro Landini sembra averle osservate sempre con rispettoso distacco, recependone talvolta alcuni stimoli, ma improntando sempre la sua attività di compositore agli ideali di una solida architettura formale (ancorché dilatata a dismisura, come nelle sue sonate per pianoforte), del bel suono, di un lessico timbrico sempre rispettoso degli strumenti, di una sintassi chiara, comprensibile, in qualche modo “classica”. Pianista e compositore, intellettuale dagli interessi poliedrici, nato nel 1954, diplomatosi al Conservatorio di Milano, sotto la guida di Piero Rattalino e Bruno Bettinelli, Landini ha poi studiato al Conservatorio di Parigi, con Olivier Messiaen e Ivo Malec, all’Accademia Chigiana di Siena, con Franco Donatoni, ad Aix-en-Provence, con György Ligeti e Iannis Xenakis, quindi all’Univeristà di San Diego in California.

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Un interessante sguardo sul suo percorso compositivo è offerto dai quattro lavori incisi in questo cd Stradivarius, che segue di sette anni il cd Tactus dedicato alla sua produzione orchestrale (due Sinfonie, Time on Target, Midrash Temurah: cd Tactus TC951201): quattro lavori composti tra il 1998 e il 2010, per organici diversi, registrati tra gennaio e febbraio del 2013. Il pezzo più datato, Ecco il giorno, per quattro voci femminili e ensemble (lo esegue l’Ensemble Nuovo Ricercare), è dominato da un’atmosfera sospesa, incantatoria, sottolineata dallo stratificarsi delle voci, che sembrano salmodiare su una corda di recita, e dagli algidi arabeschi dei tredici strumenti. Un’atmosfera distaccata, raggelata che coglie bene il contenuto poetico dei versi di Massimo Venuti: «Ecco il giorno umano / giorno umano e senza gioia. / Selvaggio, non sensato sforzo / eterno! Mille volti senza volto / stanno a cercare un’espressione / che non c’è». Più ricco di contrasti e di tensione è Two More Steps Towards Uncertainty (2007), lavoro per orchestra (eseguito dall’Orchestra dei Pomeriggi Musicali) che rivela anche l’abilità di orchestratore del compositore milanese, capace di sfruttare al meglio il ricco set di percussioni: tutto è costruito come una graduale progressione da una dimensione sonora indeterminata, fatta di macchie timbriche, a un ordito denso e movimentato, nel quale circolano frammenti motivici, assoli (come quello del violoncello), e che alla fine evapora di nuovo in una zona sonora indistinta, tendente «al nulla».

Le scelte più radicali, e interessanti, emergono tuttavia nelle composizioni più recenti di questo cd, Coming to Life. Generation, Transition, lnterlocking of Phases (2006-2009), per sette esecutori (interpretato dall’Ensemble «Phonè» di Vancouver) e Limen (2010), accuratamente eseguito dai sedici archi della Camerata Musicale Ambrosiana. In Coming to Life l’ensemble si divide in due gruppi (flauto, clarinetto, violino, violoncello da una parte; pianoforte e due percussionisti dall’altra) e tutto il lavoro è dominato da continue frizioni tra blocchi timbrici e armonici molto definiti, da una scrittura secca, nervosa, spigolosa, sempre mobilissima, da densi accumuli che però alla fine lasciano spazio a un lento sfibramento della trama. In Limen, Landini gioca invece su variazioni dello spessore del tessuto strumentale, intrecciandovi, come in un caleidoscopio, glissandi, chiazze armoniche, grappoli di suoni, zone rarefatte, lacerti melodici, squarci spettrali, generando l’effetto di una materia organica in perpetua trasformazione.

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Pubblicato il 2015-05-04 Scritto da

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