di Luca Chierici foto © Francesco Dalla Pozza
Una felice riapertura di stagione, quella delle Serate Musicali di Milano, ha visto protagonisti un ensemble glorioso che era stata fondato nel lontano 1981 e il pianista e direttore András Schiff, beniamino del pubblico italiano e toscano d’adozione. Quella che oggi si chiama Chamber Orchestra of Europe (Coe) e che una volta era nota con l’altro acronimo di Eco era nata sotto i migliori auspici grazie anche alla collaborazione con Claudio Abbado e altri grandi direttori come Harnoncourt o Haitink. Oggi è un organismo non solo efficientissimo, guidato dal primo violino Lorenza Borrani (musicista meravigliosa), ma anche coinvolto nella musica con uno spirito di entusiasmo e una competenza invidiabili.
Schiff ha scelto l’altra sera un impaginato chiaro e autoesplicativo che poggiava sui nomi di Haydn e di Mendelssohn, con una alternanza tra partiture sinfoniche e concerti interpretati dal pianista ungherese. Nel primo caso era lo stesso Schiff a governare l’orchestra dal podio (ma la Borrani vigilava, come sempre accade in questi casi, sulla omogeneità degli attacchi) mentre nei Concerti il pianista si limitava a rinforzare il gesto nei momenti in cui la tastiera non lo vedeva impegnato direttamente. Schiff, di solito attentissimo ai rapporti di sonorità che lo spingono a cambiare strumento nel corso della serata, ha stranamente utilizzato lo Steinway d’ordinanza anche per intervenire a supporto dell’orchestra negli insieme haydniani, cosa che ha portato a un ingigantimento del suono non necessario (un tempo era il cembalo ad assolvere a questa funzione, con una evidente minore interferenza sonora). È piaciuta però in particolare la sottolineatura di certi momenti “ungheresi” o zigani nel corso del piccolo capolavoro di Haydn e l’utilizzo di un fraseggio molto libero che ci ricorda come Schiff non sia certo un interprete che cristallizza le proprie vedute secondo scelte vetuste o di comodo.
Qualche prudenza nel primo movimento del Concerto op. 25 di Mendelssohn, pagina notissima e prediletta dai grandi concertisti fin dai tempi di Serkin, rivelava come l’approccio alla tastiera da parte di Schiff si vada facendo un poco più cauto. Ma la scelta di tempi più rilassati ha giovato molto alla lettura di questo pure infuocato esempio di romanticismo pianistico, là dove la maggior parte dei colleghi parte in quarta assecondando una tradizione negativa di esecuzione iper-veloce. E grazie ancora a Schiff e alla Coe si è riascoltata la straordinaria Sinfonia n. 88 di Haydn (il finale diretto solamente con lo sguardo da Bernstein con i Wiener Philarmoniker è uno dei “favourites” di youtube) con pienezza di suono e raffinatezza di fraseggio e ancora la famosa “Italiana” di Mendelssohn è stata realizzata ad arte con una particolare attenzione anche alla costruzione formale e una perfetta realizzazione del lungo sviluppo nel primo movimento. Applausi convinti da parte di un pubblico entusiasta.