L’elegia è il tema al quale si ispira l’ultima incisione del David Trio, giovane formazione che dal 2004 ad oggi si fa apprezzare nelle maggiori rassegne musicali nazionali e internazionali come performer e ugualmente come unità docente.
Per Stradivarius Claudio Trovajoli (piano), Daniele Pascoletti (violino) e Patrizio Serino (violoncello) registrano il Trio in la minore op. 50 di Tchaikovsky e il Trio n. 2 in mi more op. 67 di Shostakovich.
Si diceva della comune ispirazione elegiaca, filtrata ed espressa attraverso due sensibilità compositive diverse e distanti nel percorso della storia della musica.

Nel 1881 moriva Nikolai Rubinstein, eccellente pianista (come il fratello maggiore, Anton) e amico fraterno di Tchaikovsky. “Alla memoria di un grande artista” recita la partitura, l’unica scritta dal compositore russo per questo organico strumentale:
Semplicemente non posso sopportare la combinazione di pianoforte, violino e violoncello. Per il mio orecchio il timbro di questi strumenti non si lega. […] Per me è una tortura ascoltare un trio per archi o una sonata di qualsiasi tipo scritta per piano e archi
scrive confessandosi alla Von Meck, sua benefattrice, che gli domandava una composizione di quel genere strumental-cameristico.
Vincendo la sua antipatia, non senza un dichiarato (sempre alla Von Meck) grande sforzo per adattare le sue idee musicali a quella forma, Tchaikovsky portò comunque a termine il Trio in la minore nel 1882 durante un soggiorno a Roma. Una sfida in nome dell’amico scomparso. È facile, perciò, aspettarsi una struttura complessiva inusuale da un compositore che sempre si dedicò e preferì la scrittura per orchestra. Il Trio si articola in due ampi movimenti, Pezzo elegiaco e Tema con variazioni, cui si aggiunge una Variazione finale e coda, per una durata totale eccezionalmente ampia di oltre quaranta minuti (anche più del Trio dell’Arciduca di Beethoven, come giustamente osserva Risaliti nella nota introduttiva al cd).
Contrariamente a quanti hanno rilevato un certo squilibrio compositivo dovuto alla presenza preponderante del pianoforte, la registrazione ha il grande merito di far apprezzare la schiettezza di ciascun timbro e della scrittura propria ad ogni strumento: un equilibrio generale che sottolinea l’omogeneità dell’idea, un lamento, sempre lo stesso, che si esprime in variazioni formali e di carattere.
Un’esecuzione che rispetta il principio di elegia, dal tono ora pacato ora più vivace (variazioni III, VI e X), scegliendo di assecondare lo spirito caikovskiano più tipico, quello sofferente nel ricordo e angosciato nell’immagine incerta del futuro (variazione IX). Non un’interpretazione disperata o esasperata “romanticamente”, ma una realizzazione che riporta la coerenza e insieme la varietà della scrittura ad un livello di bilanciata proporzione fra gli strumenti.

Molto convincente anche la lettura del Trio n. 2 op. 67 di Shostakovich, dove l’elegia funebre assume un carattere del tutto diverso. Nel 1944 Shostakovich aveva perso con Ivan Sollertinskij un collega e un intimo amico, vera e costante guida ispiratrice. Sollertinskij fu mente acuta e coltissima in diversi ambiti del sapere: spaziava dal teatro alla linguistica romanza alla musica al balletto; fu docente al conservatorio di Pietroburgo e direttore artistico della Filarmonica della stessa città. Shostakovich soffrì sinceramente la sua scomparsa improvvisa. Così scrive all’amico Glikman (critico letterario e storico del teatro):
Non ho parole per esprimere tutto il dolore che strazia tutto il mio essere. A perpetuare la sua memoria siano il nostro amore per lui e la fede nel suo talento geniale e nel suo fenomenale amore per quell’arte a cui ha dedicato la sua meravigliosa vita: la musica. Ivan Ivanovic non c’è più. È terribile da sopportare.
Un dolore tanto acuto provocò in Dmitrij un periodo di depressione che si risolse solo in estate, quando raggiunse la famiglia a Ivanovo per terminare la composizione del Trio, che aveva deciso di dedicare proprio a Sollertinskij. Il 13 agosto la composizione era completata e poteva entrare a far parte della tradizione elegiaca russa insieme ad altre opere somme dello stesso genere (Rachmaninov, Arenskij e Tchaikovsky).
Quel carattere del tutto peculiare che ha il lamento di Shostakovich, penetrante e sottile, secco e spartano, unito all’ironia beffarda e sempre amara, anche nel ricordare dolorosamente un caro defunto, si trova qui restituito in modo persuasivo, tragicamente efficace. Fedele ad una linea interpretativa che riserva pari dignità ad ogni linea musicale, il David Trio dimostra il talento che sempre più gli viene riconosciuto, lo fa con due pagine cameristiche affatto semplici, frutto entrambe di una sofferenza sentita e perciò spesso soggette ad interpretazioni che sbavano verso il sentimentalismo in Tchaikovsky o nel cinismo in Shostakovich. Molto bello il Largo, passacaglia spettrale e straziata; ben colta la danse macabre finale, folle energia vertiginosa che tutto inghiotte.
Laura Bigi
Giudizio artistico ♩♩♩♩
Interpretazione convincente
Registrazione ♩♩♩
Libretto ♩♩♩
(a cura di Riccardo Risaliti)
Booklet cd ♩♩♩
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