IL PIZZICO
di Luca Pavanel
Piermarini, con il senno di poi. Anche la Prima 2011, battezzata “dei tecnici”, è andata. E oltre all’eco delle note dell’opera Don Giovanni, nelle orecchie a distanza di giorni è rimasto il frastuono delle polemiche: “innaugurazione sobria sì”, “inaugurazione sobria no”, “sobria ma non troppo”. E avanti così, fino allo sfinimento. Al massimo consolati dagli schermi in piazza e dalle dirette tv in chiaro, i comuni mortali nell’immaginario mediatico o hanno fatto spallucce in segno di rassegnazione o rosicato duro o persino avuto gli incubi di notte per colpa delle dame e degli sfarzi. Nessuno normale a dire, “bello no che l’ho visto anch’io”?
In almeno un caso – quello di chi scrive – i brutti sogni di cui sopra si sono materializzati in forma di nomi, parole e cose tirate in ballo mescolati tutti insieme – nei giorni del “rito” -. Una sorta di mini-alfabeto in insalata con cui rileggere in chiave ironica (o se preferite, demenziale) gli avvenimenti tanto discussi. Vediamo.
S come Scala. Per un bel po’ nella vita è solo quella cosa che coi suoi gradini ci porta su (per attaccare le tende, recuperare il gattino sull’albero, svitare e avvitare le lampadine); dalla sera del 6 dicembre per certuni è diventato il simbolo dell’opulenza che, anche non troppo ostentata salvo eccezioni, in tempi di “tagli” ci trascina giù, il morale almeno (scherzi della gravità…).
M come Monti. Ogni volta che si pronuncia al bar, non pochi si girano con un sorrisetto, come a dire: «Che bello sarebbe essere a sciare». Dunque la parola, nonostante la manovra del Professore, significa vacanze e spensieratezze. Due momenti che però parecchia gente, anziani meno abbienti in testa, avrà sempre meno la possibilità di vivere (colpa del Don Giovanni).
B come Barenboim Dall’Argentina con furore, è la bacchetta della pacificazione. Il mitico direttore d’orchestra, ora in testa alle maestranze del Piermarini, nonostante l’ottima performance ha dovuto fare i conti con l’universo mondo all’italiana; in particolare con gli “amici” dell’istituzione milanese. Che se non ci mettevano il solito brusio da piccionaia non erano contenti. Il quotidiano francese Le Monde, molto autorevolmente, si è aggiunto al coretto, con addirittura una stroncatura preventiva. Non ha spostato niente, ovvio: è solo venuto giù le Monde.
D come Dame. Quelle non mancano mai. E la gara c’è stata, eccome, per la palma della più bella del Reame. Ha vinto quella che tra gli astanti in sala non c’era, ovvero: la vera “sobria” della serata. Così sobria, da comparire a un certo punto completamente nuda: era la serva dell’Opera, di cui un giorno non si potrà nemmeno dire che, visti i tempi, poverina “è rimasta in mutande”.
U come Uovo. A una Prima che si rispetti non manca mai. Ovvio, non quello di Pasqua, nemmeno quello di Colombo, neppure quello del pelo da cercare. Gran sfilata di teste d’uovo sì, ma soprattutto l’uovo lanciato contro un’auto della scorta del neopremier in segno di protesta… un modo per rompere le uova nel paniere. Ma soprattutto, una maniera per far presagire che, nei prossimi mesi, un po’ tutti cammineremo sulle… uova.
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Morbidamente pungente l’articolo di Luca Pavanel, uno sguardo divertito e sobriamente ironico sull’inaugurazione della stagione scaligera. Grazie! Ho iniziato la giornata con un sorriso e, di questi tempi, non è poco.