Personalmente non sono interessato alle esecuzioni ‘corrette’. Io cerco di applicare le possibilità tecniche che erano disponibili in una data epoca e poi, con la mia personalità musicale, tento di dar vita alla musica. 1989, G.L.
È mancato il 16 gennaio ad Amsterdam il clavicembalista (ma anche autorevole organista) e direttore Gustav Leonhardt, uno dei massimi interpreti della musica antica. Aveva 83 anni. Il mondo musicale perde un autorevolissimo musicista e studioso delle prassi esecutive. Negli anni Cinquanta aveva fondato il Leonhardt Baroque Ensemble, successivamente il Leonhardt Consort. Di fondamentale importanza il suo lavoro su Bach, del quale ha registrato tra il 1971 e il 1990 tutte le cantate sacre. Alla sua scuola si sono formati praticamente i maggiori interpreti contemporanei di musica antica, da Bob van Asperen a Christopher Hogwood, da Ton Koopman ad Alan Curtis e molti altri. È stato nominato Accademico filarmonico ad honorem dell’Accademia Filarmonica di Bologna nel 2008.
Nei panni di Johann Sebastian Bach è stato attore nel film Cronik der Anna Magdalena Bach (1967) di Daniele Huillet e Jean-Marie Straub. Ha ricevuto quattro lauree Honoris causa dalle Università di Dallas, Amsterdam, Harvard e Padova. Il suo repertorio si fermava fondamentalmente al tardo barocco, con qualche escursione nel repertorio mozartiano e haydniano (con l’Orchestre of the Age of Enlightenment), suonato per lo più dal vivo. A proposito dello strumento fortepiano ha dichiarato alla rivista Diapason nel 2008: «È il principio del fortepiano che mi disturba, la sua meccanica indiretta. Ho l’impressione di lanciare una palla contro un muro misurando l’effetto perché rimbalzi alla giusta distanza. Ciò permette delle cose assai belle ma sacrificando il contatto con la corda che si prova al clavicembalo. La si tocca quasi, è una meraviglia. Sa, sono molto fortunato, adoro la musica, ancora, e il mio strumento. E quando vedo che certe persone vogliono ascoltarci, sono molto felice».
I have only just heard about the death of the great musician, one year after the event. At the moment I live on the isolated island of Cuba.
Anyway, Italians should remember that, even in the 1970’s, baroque music was almost unperformed, despite the fact that they had invented it! I don’t really want to be polemical on this very sad occasion, but how did the decline of Italian musical performance happen?
In margine al ricordato rapporto di Gustav Leonhardt con l’opera di Johann
Jakob Froberger, suggerisco la lettura del suo saggio “J.J. Froberger and his
music” per la University of California, Berkeley (1964) pubblicato in Italia dalla
Rivista L’ORGANO, Anno VI, n.1 (1968).
“Meditation, faite sur ma mort future la quelle se joue lentement avec discretion”
NB Memento Mori Froberger. (Allemande dalla Suite XX in Re).
Era il lontano 1962 quando, sul magnifico J.Ruckers del castello di Ahaus in
Vestfalia, Gustav Leonhardt incideva il suo primo disco dedicato a Johann
Jakob Froberger. Fu un’autentica rivelazione, per le musiche e lo strumento,
ma soprattutto per un’interpretazione tanto congeniale allo spirito dell’autore
da lasciare stupefatti e affascinati.
Quella “Musica Reservata”, fatta di spirituale concentrazione, immaginifica fan-
tasia e sapienza polifonica, si rivelò subito come una sorta di specchio interiore
di un interprete che avrebbe raggiunto le mete che ben conosciamo.
Ricordare Leonhardt riascoltando il “suo” Froberger, è forse il modo più diret-
to e coinvolgente per approfondirne la personalità e celebrarne la grandezza.
La RAI si vergogni e si vergogni ancora!!! Ci sta trombonizzando con il fiato dietro al collo con Sanremo Celentano ed i suoi sottoprodotti ( ma esistono pure L’ isola dei famosi ed altre delizie) Si difendono sbraitando “Panem et circenses”!!. Ecco allora in questi giorni il festival dell’analfabetismo e dell’ignoranza, reclamizzato in modo greve e grossolano , ma in continuazione. Poi dobbiamo versare a questi maledetti soldi nostri per il loro becero mantenimento con il canone. Siamo anche obbligati!!!. Penso che l’anno prossimo cercherò di evitare un simile balzello. Ancora non so in che modo. Dimenticavo: se voglio assistere a qualcosa di appena discreto debbo aspettare le ore piccole come se fossi sempre vissuto come nottambulo per tutta la vita. Circa la dipartita del grande Gustav Leonhardt, lo scopritore e sommo interprete dell’autentico J.S.Bach, due parole due su RAI 3 . Per il resto silenzio. “Il suo cervel ? Dio la riposi” (Giusti) Ma se Atene piange, Sparta non ride: vorrei conoscer necrologi effettuati dalle maggiori testate giornalistiche italiane.
Ieri, venerdì 10 febbraio 2012, il quinto canale della filodiffusione Rai ha trasmesso la “Sonnerie de Sainte-Geneviéve du Mont à Paris” di Marin Marais, eseguita – in modo superbo – dai fratelli Kuijken e da Gustav Leonhardt al basso continuo, menzionando alla fine il decesso di quest’ultimo.
Ringraziamo la Rai per il puntuale e adeguato ricordo del Maestro, a un mese dall’evento.
A diciassette giorni dalla morte di Gustav Leonhardt ancora silenzio radio sulla Rai, che trasmette senza sosta l’ennesima Sonata in si minore e l’ennesima Symphonie Fantastique.
Sveglia Rai!
Con il grande Gustav Leonhard, ma anche con i grandi maestri olandesi, fiamminghi, austriaci etc, ma soprattutto con lui ho vissuto meravigliosamente gli anni settanta, gli anni della mia gioventù, delle mie speranze. D’altronde anche in altri campi ero deliziato dall’eccellenza dei tulipani mi riferisco alla mitica Olanda calcistica. Tuttavia lo stato di grazia ed i momenti magici che mi ha regalato sia dal vivo che soprattutto dalle registrazioni in vinile e successivamente in altri formati, hanno costituito e rappresentano tuttora per me qualcosa di coinvolgente e sconvolgente nello stesso momento. A mio avviso anche se caratterialmente e fisicamente fosse agli antipodi è stato colui che meglio ha interpretato la musica del grande JSBach. E’ il riferimento assoluto. Lo ringrazio per sempre di avermi fatto vivere quelle atmosfere indimenticabili fatte di razionalità e dal profumo di legno e ottone dei suoi meravigliosi strumenti.
Abbiamo persso un grande musicista. il clavicembalo si è velato a lutto.
Il fatto che la scomparsa del grande Leonhart sia passata sotto silenzio mediatico italiano la dice lunga , ahimè, su ….. come siamo caduti in basso! Nel mio piccolo, ho messo un post su FB, chissà, forse qualcuno se ne sarà accorto. Ci rimane la sua musica, e non è poco….
Non volendo turbare il riposo e il ricordo di un grande uomo, segnalo sommessamente che nel Regno Unito la BBC ha cambiato la programmazione realizzando un ampio servizio su Gustav Leonhardt, mentre quotidiani come il Times e il Telegraph gli hanno dedicato ciascuno una pagina intera con foto a colori, privilegio che normalmente riservano ai capi di stato e di governo.
Quanto sopra a proposito del “servizio di pubblica utilità” (come la Rai ama definirsi), che a sua volta giustificherebbe il pagamento del canone (che scade proprio a fine mese).
ieri, 20 gennaio 2012, a 4 giorni dalla morte del Maestro, ho telefonato alla Rai (5° canale filodiffusione) per chiedere conto del silenzio finora tenuto sulla questione.
mi è stato risposto che non si è a conoscenza dell’evento, che la programmazione in atto non può essere cambiata e che, nell’arco di 2 o 3 settimane siprovvederà a ricordare Gustav Leonhardt.
MALA TEMPORA CURRUNT
Eccettuati gli organi di informazione specialistici, quale risalto è stato dato da stampa e tv nazionali alla scomparsa del grande Leonhardt?
Su “La Nazione” è stato ricordato solo nella cronaca regionale (e basta!), per via di alcuni suoi ultimi concerti tenuti in toscana, e lì banalmente etichettato “il più grande organista al mondo” (?)
Certo, cos’altro potevamo aspettarci! Non stiamo parlando di “grandi artisti” di imperitura memoria come Pietro Taricone e Michael Jackson, per i quali i nostri media hanno reso doveroso omaggio per settimane, soddisfacendo doviziosamente la nostra curiosità circa ogni minimo particolare che li riguardasse.
Caro Luigi Swich, grazie per questa bellissima e preziosa testimonianza.
La morte di Gustav Leonhardt ci lascia più soli. io ho perso una fonte di ispirazione e un punto di riferimento. l’avevo conosciuto a diciassette anni, attraverso i suoi Brandeburghesi. incisione storica e rivoluzionaria (anche se a un conservatore come lui questo aggettivo non sarebbe piaciuto): non solo per gli strumenti originali e una sontuosa riproduzione a grandezza naturale della partitura autografa di Bach, ma anche per l’esecuzione a parti reali senza raddoppi. una riscoperta che ancora oggi (con l’esecuzione a parti reali del Bach vocale e addirittura dei concerti per pianoforte di Beethoven!) sta producendo frutti copiosi. dal disco passai subito alla conoscenza personale, andando ad ascoltarlo in trio con Frans Brüggen e Anner Bijlsma (la Follia di Corelli elettrizzante: follia di nome e di fatto) e da solista al clavicembalo e all’organo a Milano, in San Maurizio. Poi anche al fortepiano con il violinista amico Sigiswald Kuijken nelle sonate di Mozart. Di scoperta in scoperta, Leonhardt era subito diventato, per me giovane allievo di conservatorio, una guida, che mi spinse a cambiare radicalmente il modo di leggere e di suonare la musica (e, va da sé, anche scuola e insegnante). presi a studiare gli organi antichi della mia Piacenza, ne scopersi uno autentico (quello di san Sisto), ne promossi e seguii il restauro insieme a Luigi Ferdinando Tagliavini e Oscar Mischiati e, per l’inaugurazione, chiamai anche lui, che accettò. era il 1991, e alla mia domanda: “quale è il tipo di clavicembalo ideale per la musica di Bach”? Leonhardt rispose: “Mietke”. iniziai a cercare notizie su Michael Mietke, cembalaro berlinese al quale il principe di Cöthen ordinò un clavicembalo a due tastiere che Bach andò a ritirare personalmente. raccolti i dati dei tre strumenti superstiti (due a Berlino e uno a Hudiksvall, Svezia), ne ho fatto costruire uno che ne è la sintesi e che Uti (come lo chiamano in famiglia) ha suonato a Lodi nel 2004 in un programma…tutto francese: neppure una nota di Bach. ormai era diventato un monumento, e i suoi programmi non si potevano certo discutere, ma, ogni volta che metteva le dita sulla tastiera, prendeva vita un discorso musicale mai udito prima, dal suono austero e levigatissimo, cesellato in un intreccio dalla prospettive infinite e illusorie come in un’incisione di Escher. Fantasia, meraviglia, invenzione: un uomo barocco del ventesimo secolo era Gustav Leonhardt. anche con qualche contraddizione: gli piaceva la velocità automobilistica (guidava Alfa Romeo) e quando lo portarono a Maranello impazzì al volante di una Ferrari. però nel suo palazzo seicentesco nel cuore di Amsterdam (citato sulle guide della città), a parte un fax e un lettore cd, c’è un freddo filologico e d’inverno occorre attrezzarsi. a ottant’anni continuava a viaggiare in aereo dando concerti ovunque, anche se ultimamente aveva ristretto il raggio d’azione per lo più all’Europa.
l’ho visto l’ultima volta tre mesi fa, in occasione di un concerto d’organo a Reggio Emilia seguito dalla proiezione dello storico film “Kronik der Anna Magdalena Bach”, in cui un Leonhardt quarantenne impersona Bach.
pochi cenni alle ultime novità di prassi esecutiva (la vocalità di Bach a parti reali, l’accordatura del Clavicembalo ben temperato), ma non di più perché era visibilmente debole e magrissimo, quasi scheletrico. avevo capito che era alla fine. dopo un mese la notizia dell’addio ai concerti. ora l’addio per sempre.
hai combattuto la buona battaglia del vero e del bello nell’arte. ora puoi riposare in pace, Gustavo cuor di leone.