di Santi Calabrò

In Francia la febbre wagneriana si diffonde in ritardo e, inizialmente, contagia soprattutto i letterati. Ben presto, però, i musicisti recuperano con gli interessi. «Dopo la “rivelazione” l’entusiasmo rasentò il delirio», scrive Giovanni Guanti, al punto che «a Bayreuth, durante il preludio del Tristan Chabrier scoppiò in un pianto dirotto e Guillaume Lekeu fu trascinato fuori dal teatro svenuto».

Di Lekeu, nato nel 1870, belga di origine ma di formazione francese (studia con Gaston Vallin, César Franck e Vincent d’Indy), si ricorda principalmente una Sonata per violino e pianoforte a cui il dedicatario, il celebre Eugène Ysaÿe, non risparmiò le lodi («non deve temere il confronto con la Sonata per violino di Franck»). Il brano basta a suscitare il rammarico per la scomparsa prematura del compositore (1894) e a inserirlo a pieno titolo nei rami del prezioso delta musicale transalpino di fine Ottocento. All’altezza dei tornanti tardoromantici e decadenti, in Francia, una specifica cifra innovativa si innesta sulla solidità della scuola tradizionale; persino una seduzione fino allo svenimento non comporta una “wagnerizzazione” integrale.

Avventurandosi in quei lidi, anche chi esegue si ritrova sospinto da un vento impetuoso verso quella disposizione che Piero Rattalino definiva come “annullamento decadentistico delle tensioni dell’armonia” (e in questo senso, a torto o a ragione, proprio Tristano e Isotta è spesso evocato sia come archetipo che come caso supremo). L’aumento di densità e complessità degli accordi favorisce l’instaurazione di una modalità esecutiva che, pur chiaramente generata dall’evoluzione del linguaggio classico-romantico, finisce per contrapporvisi. Gli esecutori, persino a loro insaputa, si ritrovano a essere “wagneriani” soprattutto quando si cimentano con frasi ad ampia campata, con declamazioni di nuovo respiro che poggiano su percorsi armonici riluttanti alla cadenza. I violinisti, in particolare, possono contare su uno strumento particolarmente adatto a rivaleggiare con i cantanti che non solo nel teatro di Wagner, ma anche in quello di Massenet, di Saint-Saëns e di Puccini riscrivono i nuovi termini del suprematismo melodico: dove il canto può giustapporsi, invece che relazionarsi in senso funzionale, rispetto agli accordi e alla densità delle trame interne.

Le vie dell’interpretazione, tuttavia, conducono a esiti differenti. Se già il Tristano può apparire più romantico (semplificando, alla Furtwängler) o più decadente (alla Karajan), tanto più l’esecuzione di un lavoro cameristico di fine Ottocento che germini dal ribollente crogiolo francese può mantenere una disposizione esegetica classico-romantica. Proprio questa è la direzione che la violinista Carlotta Malquori e il pianista Andrea D’Amato sembrano perseguire nella loro lettura della Sonata di Lekeu, in apertura di un cd proposto di recente dalla Ars Produktion. Il disco comprende anche il lavoro che un giovane Messiaen offre come regalo di nozze alla prima moglie (Thème et variations) e una Sonata di Nicolas Bacri, compositore ancora in piena attività (classe 1961). C’è anche una “bonus track” finale: la più famosa chanson di Edith Piaf (La vie en rose) arrangiata ed eseguita dai due artisti (qui Malquori canta). Non è solo per la presenza del cadeau aggiunto che il CD assomiglia in gran parte a un recital con tanto di bis: soprattutto nel primo brano, si apprezza di certo quella “pulizia” che oggi è richiesta a una registrazione effettuata in studio, ma anche il pathos che a volte nei CD latita. Quando un disco assomiglia a un “recital senza note false” è già sulla buona strada; nella Sonata di Lekeu molto si deve, in questo senso, all’orientamento interpretativo. Le dinamiche segnate dal compositore sono rese con scrupolo, ma anche con piena comprensione della loro corrispondenza a un colore armonico. Non c’è bisogno, in effetti, di vederli all’opera nel bis come arrangiatori per capire che Malquori e D’Amato “sentono” gli accordi, e per constatare che tendono a mantenerne un potere regolante sulle sorti della linea principale. L’esecuzione evidenzia come nella scrittura di Lekeu gli stessi vocaboli più wagneriani possono ancora appartenere a un ordito che, fondamentalmente, resta quella caratterizzato dalle medianti dell’armonia romantica, dal loro effetto locale e dal loro significato costruttivo più ampio. A queste condizioni, e a partire da un suono di sicura intonazione, anche il vibrato del violino può essere usato con una certa parsimonia, perché si punta a rendere evidente più il telos della struttura, esibita in tutti i suoi parametri costituenti, che l’incantamento della singola frase. La Sonata di Lekeu (ri)pensata in questi termini è sia intrigante che coinvolgente, anche perché la modellazione della forma è resa palpitante dal piglio ritmico esibito dal duo. Nel secondo movimento, tuttavia, i concetti potrebbero essere un po’ più elastici, e al dunque manca un po’ dell’abbandono lirico e vibrante, qui non del tutto risarcibile per altre vie, di Isotta e di Werther, di Dalila e di Mimì.

La precisione della lettura caratterizza anche l’interpretazione del brano di Messiaen, che dura tre minuti in più rispetto alle esecuzioni di virtuosi celeberrimi (da Oistrakh a Vengerov) e segue con fedeltà puntigliosa le indicazioni agogiche della partitura. Comunque, quali che siano i tempi adottati, il linguaggio di questo Messiaen è talmente elaborato, di una tale complessità armonica e ritmica, che ha rinunciato a “significare” da solo. Una maggiore trasfigurazione per via timbrica, da parte di entrambi gli strumenti, è necessaria per far decollare il brano, che in questa esecuzione scorre ma non affascina.

L’ultimo brano, nelle intenzioni del compositore Nicolas Bacri, è un omaggio a Brahms. Lo dichiara già il titolo: Sonata n. 4 op. 148 “In Anlehnung an Brahms”. L’Adagio introduttivo presenta i tre motivi principali, il secondo dei quali deriva dalle iniziali del motto di Joachim (“Frei aber Einsam”, libero ma solitario) lo stesso utilizzato da Schumann, Dietrich e Brahms per la Sonata F.A.E. – e da quello di Brahms (“Frei aber Froh”, libero ma felice). Il nuovo motivo che ne deriva (F, A, E, F#) riappare alla fine, ribadendo le sue intenzioni sommative (“libero ma solitario e felice”). Questi e altri riferimenti bastano a un’evocazione dello stile di Brahms? Non mancano, oltre ai materiali, procedimenti di sviluppo tipicamente “tedeschi”, ma spesso i profili ritmici di brevi disegni vengono ripetuti tali e quali, a volte in modo ossessivo. Un’occasione ghiotta, da non perdere, per il modo di delineare le frasi di Malquori; oltre a questo, una certa manière de Shostakovic che sembra insinuarsi tra le maglie dell’omaggio all’amburghese. Le vie della composizione contemporanea sono varie come non mai: colpa (o merito) del “postmodernismo”, secondo alcuni. In ogni caso, non mancano i lavori meritevoli; semmai, per lo più, sono gli esecutori che non esplorano e non osano. Le date di composizione dei brani proposti in questo CD (1892, 1932, 2018) costituiscono già, da sole, un’indicazione per assemblare programmi, incisioni e idee interessanti.

Santi Calabrò

Santi Calabrò

Pianista e musicologo, suona per prestigiose istituzioni, tiene concerti-conferenza e partecipa a convegni in Italia e all’estero. Nelle ultime stagioni ha eseguito con successo diversi concerti per pianoforte e orchestra in Italia, Romania, Ucraina, Bulgaria, e ha tenuto recital e masterclass in varie città italiane ed europee. Svolge attività di critico musicale, pubblica articoli su riviste specializzate ed è autore di saggi per volumi collettanei; si occupa di analisi musicale, drammaturgia musicale, analisi dell’interpretazione, metodologia della tecnica pianistica. Fra i saggi recenti: Tra classicità e teoria degli affetti: Lili Kraus interprete di Mozart (nell’Ebook Punti e contrappunti), La lezione metodologica hegeliana e il “dramma” tonale del sonatismo classico (nel volume Il lamento dell’ideale. Beethoven e la filosofia hegeliana, Eut, Trieste), Artur Schnabel and the Harmonic Functions (nel volume Performance Analysis: a Bridge Between Theory And Interpretation - Cambridge Scholars Publishing), Trasmutazione di un archetipo e sue conseguenze nel I movimento della Sonata op. 110 di Beethoven (Rivista di Analisi e Teoria Musicale). Vincitore di concorso nazionale, insegna presso il Conservatorio di Messina.

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