di Redazione
Dopo il recente exploit di Max Richter, con il quale il compositore inglese ha forse raggiunto il risultato più convincente della propria carriera, tocca ad un altro musicista britannico rimaneggiare l’opera più celebre di Antonio Vivaldi, quelle Quattro Stagioni che hanno fatto la fortuna di pubblicitari, ditte di ascensori, registi cinematografici, e che hanno fornito agli artisti più disparati (da Jacques Loussier a David Garrett, dai Children of Bodom a The Piano Guys) del materiale sul quale cimentarsi e fare pure qualche soldino, dove possibile. Che cosa ha aggiunto dunque alla musica del Prete Rosso quel Nigel Kennedy che proprio grazie alle Quattro Stagioni riuscì a guadagnarsi alla fine degli anni Ottanta un posto nell’Olimpo degli album di musica classica più venduti di tutti i tempi?
[restrict paid=true]
Ebbene, fin dal programmatico titolo di questa registrazione con la sua Orchestra of Life, Kennedy chiarisce la prospettiva: queste sono The New Four Seasons, e tanto deve bastare all’ascoltatore per abbandonare le proprie aspettative e godersi lo spettacolo. Che definire pirotecnico sarebbe riduttivo. Fin dalla struttura dell’album (21 movimenti per circa 60 minuti di musica) e dai nomi assegnati ai singoli brani (“Destiny”, “Horns, Guns, and Dogs”, “Walk on the Ice”), Nigel Kennedy dimostra infatti tutta l’inventiva di un grande interprete del repertorio vivaldiano capace di lasciarsi incuriosire dal mondo musicale contemporaneo. Da questo connubio, incarnato da sempre nel look personale del violinista di Brighton (valsogli ovviamente più di una reprimenda), scaturisce un vero viaggio attreverso stili ed epoche distanti, con la musica vivaldiana a fare da collante strutturale.
La bravura dei musicisti porta dunque l’ascoltatore nella desolazione notturna dei quadri di Edward Hopper (“The Goatherd Sleeps With His Trusty Dog Beside Him”) o in festose ballroom anni Venti (“The Peasant Celebrates the Rich Harvest”), dentro claustrofobici incubi televisivi (“His Fears Are Only Too True”) e riappacificanti assopimenti (“Pleasure of Sweetest Slumber”), e via dicendo, in un raffinato mosaico di scelte timbriche e compositive con le quali intrattenere le vostre orecchie per molti ascolti a venire. Se le Quattro Stagioni non vi sono mai sembrate così contemporanee, date pure la colpa a Nigel.
[/restrict]
Pubblicato il 2016-04-02 Scritto da FrancescoFusaro