di Redazione

Quatuor EbeneIl 1828 fu un anno cruciale per Schubert. I più grandi capolavori da lui composti risalgono a quel periodo, poco prima della morte prematura. Il trittico delle ultime sonate pianistiche, la sinfonia Grande, la Messa solenne in Mi bemolle e la Winterreise sono opere straordinarie, in cui Schubert aveva dimostrato una maturità compositiva non inferiore al genio di Beethoven. La rivoluzione di Schubert non sta nell’ampliamento della forma, come aveva fatto il maestro di Bonn, ma piuttosto  nella ricerca di una dimensione musicale più intima, fatta di vaste distese liriche in cui il canto, supportato da nuovi procedimenti armonici, si dipana nella quadratura formale con respiro estatico e spesso liederistico, creando quelle che Schumann, quando per la prima volta si trovò di fronte al manoscritto della Grande, definì le divine lunghezze.

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Le stesse divine lunghezze le ritroviamo nel Quintetto D 956, un’altra perla dell’ultimissimo Schubert, che qui ammiriamo nell’esecuzione del Quatuor Ebène, affiancato da Gautier Capuçon nella veste di secondo violoncello. Suono compatto ed omogeneo, il quintetto ci propone una lettura molto convincente, vigorosa ed energica (soprattutto lo sviluppo del primo tempo, in cui il dramma assume tratti di disperazione, ed il finale, reso con particolare audacia), ma anche molto lirica nei momenti più raccolti come l’etereo secondo tempo e il trio dal carattere misterioso. Un utilizzo sapiente del vibrato aiuta a dare maggior respiro alle lunghe frasi che vengono sostenute senza alcun nervosismo, con una naturalezza che, nonostante la durata notevole dell’opera, ci fa godere di un ascolto scorrevole e mai stancante. Davvero ricca la tavolozza della compagine francese, la cui sonorità diretta e solare conferisce una tinta tipicamente viennese, ideale per questo repertorio.

A completare il cd Erato, cinque Lieder arrangiati per quartetto dal violoncellista dell’Ebène, Raphaël Merlin. Solista d’eccezione il baritono tedesco Matthias Goerne, che, con la sua pronuncia chiara e la sua declamazione solenne si conferma ancora una volta interprete ideale per la struggente poetica schubertiana.

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Pubblicato il 2016-04-03 Scritto da StefanoCascioli

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