di Redazione

Sovrapponendo nella sua Méditation una melodia originale al preludio che apre il Das wohltemperirte Clavier bachiano, Gounod ha esemplificato uno stile, un’epoca e una tendenza che tende a farsi metastorica e assoluta: si può infatti evocare una “estetica dell’Ave Maria di Gounod” sia per la composizione che per l’interpretazione. Dal punto di vista dello stile compositivo il brano sintetizza l’essenza bicefala di molta musica romantica, dove il recupero di un andamento armonico omogeneo (come nella musica barocca) si somma alla regolarità della frase post classica; [restrict paid=true] dal punto di vista dell’interpretazione, l’attenzione crescente alla linea melodica – con le armonie sottostanti che diventano più sfondo che significato – comincerà a connotare già lo stile esecutivo romantico e, ancor più, quello tardoromantico e decadente. E quanto più il tessuto verticale si complicherà – infittendosi di cromatismi e di modulazioni – tanto più l’esecuzione sarà portata a esaltare altri parametri: il timbro, oltre a un senso melodico irrelato dalla verticalità. In tema di esecuzione le epoche tendono poi a sovrapporsi, e uno sbilanciamento di attenzione verso la mera tensione lineare è spesso riscontrabile ai nostri giorni anche nell’interpretazione di musiche classiche e romantiche che non sono certo composte con i criteri e il linguaggio della Méditation. Gli esiti, e i danni, sono diversi: in molte pagine di Beethoven o di Brahms le peripezie dei temi e delle modulazioni sono così intrecciate e “in vista” da farsi valere all’ascolto anche se l’esecutore si è posto di fronte alla pagina con ottica ipermelodica; in Schubert, invece, una tale disposizione causa danni più evidenti.

Ascoltando David Fray alle prese con la Sonata in Sol maggiore D 894 si avverte subito una tipica “aria francese”: il suono è sempre prezioso, la linea melodica esercita una signoria assoluta, e i momenti più meditativi acquistano quel tipico mélange di sensualità e misticismo per il quale si potrebbe qui parlare in senso pieno di una “estetica dell’Ave Maria di Gounod”, con il valore aggiunto di una marcatura gallica. Tutto ciò, realizzato con un pianismo di alto livello, può essere certo bellissimo, ma non è a luogo in Schubert. Restano fuori gioco alcune componenti essenziali, e proprio quelle che a partire dalla lezione di Artur Schnabel hanno progressivamente portato lo Schubert autore di sonate a essere considerato un’altra faccia, diversa e non minore, del sonatismo classico.

La struttura narrativa e le differenziazioni psicologiche della Sonata D 894 restano pallide sotto l’uniformità del bel suono di Fray, che padroneggia le dinamiche ma non si cura per altri versi di differenziare la sonorità quando una nuova regione tonale si impone o si afferma di colpo, che ci siano un nuovo episodio o lo stesso tema in altra tonalità. E persino quando Schubert segna due f (fortissimo), per Fray sembra valere la regola per cui è sempre meglio restare eufonici. Il disco è completato dalla Ungarische Melodie D 817 e da due pagine a quattro mani, Fantasia in Fa min. per pianoforte D 940 e Allegro in La min. D 947 ‘Lebensstürme’, suonate in duo con Jacques Rouvier. Le esecuzioni seguono, tutte quante, la medesima impostazione, e già la selezione eterogenea dei brani rivela un’insoddisfacente messa a fuoco culturale.
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Pubblicato il 2015-03-24 Scritto da SantiCalabrò

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