A Torino il direttore francese interpreta composizioni di Gilberto Bosco, Giulio Castagnoli, Fabio Mengozzi, Luigi Giachino, Paolo Boggio, Stefano Pierini
di Luciana Galliano
“IL Festival e l’Ensemble Antidogma Musica rappresentano un importante punto di riferimento nell’ambito della cultura musicale non solo in Italia ma anche all’estero.” Così ci informa il programma di sala del concerto; sicuramente Antidogma rappresenta un punto di riferimento per tanti compositori e musicisti torinesi (i compositori presentati sono quasi tutti piemontesi e i più torinesi) e i festival (al 10 ottobre l’inizio della 38esima edizione) si svolgono a Torino e anche in bellissimi luoghi della provincia di Cuneo, dove si è da anni trasferito il compositore che è stato per decenni l’anima di Antidogma, Enrico Correggia.
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Sotto la guida del direttore francese Daniel Kawka il concerto ha presentato brani davvero disparati. Di Gilberto Bosco, maestro di alcuni dei compositori presentati, il breve e intenso Dal deserto intreccia luoghi differenti, una elegante scrittura contemporanea (evidentemente diventata linguaggio) come spazzata da mosse impetuose di percussioni e fiati, e da lunghe pause: un brano di particolare grazia. Del decano Correggia il delicato The bay of the dream – un singolare organico di chitarra e trombone, con clarinetto, pianoforte, violoncello e violino più un libero vocalizzo del soprano – vaga con la signorile serenità degli 80 anni dell’autore in un’atmosfera vagamente tonale e pastorale perfettamente descritta dal titolo. Del terzo compositore pienamente affermato in programma, Giulio Castagnoli, il bravissimo Dario Destefano ha eseguito, con meravigliosa padronanza dei minimi effetti timbrici e di articolazione, tre dei Quattro poemetti per violoncello solo, sicuramente fra i più bei momenti del concerto. Tutti in prima esecuzione assoluta gli altri brani in programma.
Nessuna remora ad una scrittura tonale nel Larus di Fabio Mengozzi (1980) per quartetto con pianoforte, che ci viene descritto come “brano di struttura fortemente geometrica”; inizia con un tono vagamente schubertiano per poi rivelarsi un brano con couplets un po’ pseudo-Elton John… Diversamente consonante, modestamente raveliano Ali sull’acqua in tre movimenti (Alba, Riflessi, Volando) di Luigi Giachino (1962). Più interessante, anche per il singolare organico fisarmonica, flauto e soprano, Sulle ali del pavone di Paolo Boggio (1964), quattro brevi movimenti su testi di haiku giapponesi; la fisarmonica del bravo Massimo Pitzianti aggiunge respiro e minute vibrazioni al canto, forse non precisamente emozionante di Anna Siccardi, nei quattro quadri emotivamente descrittivi della figura poetica del testo – riuscitissimo il “grande vuoto” del terzo.
Il brano più lungo, sapiente e costruito, Parafrasi del nero di Stefano Pierini, scritto per l’ensemble al completo, nasce da suggestioni lisztiane, da alcune delle ultime composizioni per pianoforte particolarmente diverse dalla precedente generosa facondia, piuttosto ripetitive, monocordi, in cui “la monodia come massima sintesi melodica” smentisce la vocazione armonica dello strumento. Sul cui colore nero si accentra la creatività di Pierini producendo una serie di quadri come esplosive costellazioni di note fisse e timbriche raffinate dal carattere cupo, o sarcastico, o luminoso, o fugacissimo. Un bel lavoro, un bel concerto. Il pubblico pomeridiano, che ai concerti gratuiti affluisce in massa per poi defluire più o meno altrettanto in massa, è stato singolarmente catturato e ha restituito calorosi applausi all’Ensemble, ai solisti e al direttore.
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