Nell’ambito del X Festival internazionale di Musica e Arte Sacra, il 27 ottobre a Roma si è tenuto con successo un concerto molto atteso
Il concerto dei Wiener Philarmoniker sotto la direzione di Georges Prêtre nella Basilica di San Paolo fuori le mura è stato l’evento di punta di un Festival che nei prossimi giorni ospiterà altre importanti istituzioni orchestrali e interpreti di alto livello: l’Orchestra della Cappella Ludovicea con i direttori Ildebrando Mura, Kent Trittle e Andreas Pixner; il Chorvereingung St. Augustin di Vienna, il coro di voci bianche Tölzer Knabenchor diretto da Gerhard Schmidt-Gaden in due preziosi “recuperi” del Barocco: la Missa Tira Corda del romano Orazio Benevoli e il Gloria del reatino Giuseppe Ottavio Pitoni. I due concerti di chiusura del Festival saranno affidati all’Orchestra e Coro dell’Opera di Roma con la Messa K 427 di Mozart, direttore Jaap van Zweden, e ancora al Tölzer Knabenchor impegnato in Mottetti di Bach.
Anton Bruckner inizia a lavorare alla Settima nel 1881 a pochi giorni dalla stesura della Sesta. La genesi di quest’opera è tutt’altro che semplice: i vari movimenti sono concepiti in momenti diversi della sua vita. Il primo si interseca con il lavoro sul Te Deum; tra il luglio del 1882 e l’ottobre dello stesso anno redige lo Scherzo, e nello stesso anno ritorna a lavorare sul primo tempo. Tra il gennaio e l’aprile del 1883 compone l’Adagio, ma il 13 febbraio, quando già ha composto 180 battute pressoché complete, muore a Venezia l’amato Richard Wagner; colpito dalla perdita del Maestro, Bruckner decide di aggiungere altre trentanove battute di Coda, ode funebre per la morte del suo punto di riferimento non soltanto musicale, solennemente intonata da quattro tube wagneriane. La Sinfonia, terminata nel settembre del 1883, vede le stampe solo nel 1885. Per la prima esecuzione bisogna aspettare il 30 dicembre del 1884 quando Lipsia ospita la première dell’opera che riscuote un grande successo di pubblico e consenso di quasi tutta la critica.
Tra i più noti ed eseguiti lavori del compositore austriaco, la Settima può essere definita il manifesto del sinfonismo bruckneriano, nel quale trovano spazio tutte le istanze tardoromantiche in un continuo ed equilibrato gioco tra l’armonia wagneriana e il sinfonismo schubertiano, tra sonorità “domestiche” e momenti di esplosione orchestrale, tutto sorretto da un lucido e consapevole disegno formale che amplifica il naturale anelito all’infinito dell’opera stessa e del suo autore. Il merito di Georges Prêtre e dei Wiener è proprio quello di donare all’ascoltatore una lettura rigorosa, commossa e unitaria dell’opera, riuscendo a gestire al meglio (in questo Prêtre è insuperabile) i numerosi momenti contrappuntistici e il folgorante finale del primo movimento; di non scadere nel retorico durante il secondo tempo, offrendo invece una lettura candida e devota che culmina nella Coda wagneriana “sussurrata” dalle quattro tube tanto care al Maestro di Lipsia. Nello Scherzo tutta la carica di vitalità, l’intuitiva musicalità del direttore francese, viene fuori. Prêtre e i Wiener portano all’ennesima potenza l’esuberanza ritmica e l’immensa massa sonora del movimento, rendendo partecipe il pubblico della “guerra” tra ciò che di sua natura deve finire (la vita umana) e il suo continuo anelito di eternità. Il Finale, Mosso ma non presto è nuovamente una forma sonata tripartita, che riprende la struttura del primo movimento e rende ancora omaggio allo Schubert della “Grande” o delle ultime Sonate pianistiche. Prêtre ha portato i Wiener a mettere a servizio della partitura bruckneriana il loro immenso talento, senza mai dover sacrificare l’immensa ricchezza espressiva dell’opera.
L’acustica ricca di eco e riverbero della meravigliosa Basilica non ha sempre permesso una chiara comprensione del fraseggio soprattutto dei fiati: un piccolo neo in una serata che difficilmente potrà essere dimenticata dal numerosissimo pubblico presente.
Mario Leone