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Tempo Reale – dal 7 al 16 ottobre – Firenze – www.temporeale.it
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Presentata ieri a Firenze la stagione 2011 di “Tempo Reale”, istituzione concertistica e di ricerca voluta da Luciano Berio
«Oggi la figura del compositore è cambiata. Non dobbiamo più considerarlo un artista solitario, in una visione romantica e comunque passata. Adesso bisogna pensare alla composizione come a un lavoro collettivo. Così come il concerto è ormai diverso da quello che normalmente viene concepito, ma tende ad essere proposto in luoghi differenti».
Francesco Giomi, direttore di Tempo Reale, ha così evidenziato il concetto alla base del festival 2011 dell’istituzione concertistica e di ricerca voluta da Luciano Berio. Un programma che intende legare Tempo Reale alla città di Firenze in modo più ampio: con suoni nei giardini, nei monumenti, nelle strade. La rassegna Paesaggi – Un mondo di suoni e parole si terrà dal 7 al 16 ottobre, grazie anche al mantenimento dei contributi da parte dei soci di Tempo Reale: Regione Toscana, Provincia e Comune di Firenze.
L’inaugurazione è affidata al Tempo Reale Electroacoustic Ensemble diretto da Elio Martusciello (7 ottobre, 21,30 Limonaia di Villa Strozzi) con lo spettacolo The Great Soundscape Session tra musica e immagini video (To extend the visibility, curato anch’esso da Martusciello). Percussioni, sassofono e contrabbasso improvviseranno partendo da suoni naturali insieme all’elettronica per sottolineare il paesaggio sonoro. Un concetto che viene sviluppato in maniera più approfondita nei giorni successivi, sotto il titolo Come suona Firenze?, momenti guidati in piazza Duomo, palazzo Giovane (vicolo S.Maria Maggiore), villa Strozzi che ospiterà un trekking musicale nel parco, villa Vogel e palazzo Vecchio. Qui si terrà Suona la Ronda su musiche di Daniela Fantechi, Andrea Mancianti e Alberto Meli. L’appuntamento è il 15 ottobre nel camminamento medioevale riaperto dopo un restauro recente.
L’11 e il 12 ottobre sarà il turno delle «Playlist» alla Limonaia di Villa Strozzi in cui saranno presentati lavori di compositori in prevalenza stranieri. La prima sera sono programmate opere in prima esecuzione italiana di autori greci e inglesi dal tema Listening Cities, paesaggi sonori che rappresentano varie zone del mondo. Nell’altra invece oltre a Telemusik di Karlheinz Stockhausen saranno eseguiti in prima assoluta Quattro Haiku di Lelio Camilleri e Invisible Cities di Yasuhiro Morinaga. Infine le collaborazioni. A partire da quella con Musicus Concentus che il 14 ottobre (sempre nella Limonaia di Villa Strozzi) presenterà eRikm (nella foto), virtuoso del giradischi per la prima volta a Firenze in Paesaggi in vinile. E quella con Cango che ai Cantieri Goldonetta (via S.Maria) proporrà il 15 e 16 ottobre lo spettacolo T.E.L. in collaborazione con la compagnia ravennate Fanny & Alexander. Per ulteriori informazioni su orari e prezzi: www.temporeale.it
Michele Manzotti
Risponde l’ufficio stampa di “Tempo Reale”
La ringraziamo per l’opportunità che ci dà di chiarire l’affermazione del direttore di Tempo Reale uscita su Repubblica nell’intervista di Gregorio Moppi.
Il direttore nell’intervista non ha fatto riferimento nei termini indicati né al festival Play it né al suo direttore artistico; c’è stato evidentemente un fraintendimento con il giornalista, forse a causa del disorientamento provocato dalla coincidenza di due festival di musica contemporanea in una città piccola come Firenze.
Il direttore di Tempo Reale si riferiva al tentativo del festival Paesaggi di esplorare nuovi modi del fare musica oggi, diversi dalla concezione classica del compositore-demiurgo, ma ampiamente praticati e sperimentati in tutto il mondo.
Ho giusto ieri letto e ritagliato l’articolo/resoconto di Gregorio Moppi sulle pagine di Firenze. Ho trovato sconcertante l’affermazione riportata tra virgolette, suppongo del direttore artistico, già citato in precedenza nell’articolo, secondo cui sono “idelamente antiteci rispetto a ciò che propone in questi giorni l’Orchestra della Toscana, poiché il suo direttore artistico Battistelli appare ancora legato a un’immagine ottocentesca dello scrivere. Dove c’è un compositore che firma la propria opera e la dà agli interpreti”.
I motivi del mio sconcerto sono forse evidenti ai più: l’idea – in primis – che solo il progresso sia la strada della salvezza è una idea di matrice positivistica che ha fatto tanti danni che non basterebbe un intero blog a enumerarli. E soprattutto nell’arte, quando ci si arroga il diritto di autodichiararsi avanguardia e condannare in nome del “progresso” ciò che è fatto dagli altri. Trovo violento il modo in cui viene rifiutata e bollata come ottocentesca l’idea di Battistelli, che è poi il modus operandi di tanti, tantissimi musicisti che si relazionano con gli autori contemporanei e chiedono loro nuova musica. Siamo sicuri che è nuovo solo quello che ha a che fare con l’uso della tecnologia, oppure non si tratta invece di un’etichetta – la moda si sa, ha invaso le tendenze dell’arte generando innumerevoli movimenti, spesso nati e morti in breve lasso di tempo. Sembrerebbe insomma – secondo il direttore di Tempo Reale – che chi opera seguendo la vecchia idea della scrittura da interpretare sia una specie di obsoleto pezzo da museo: solo il confronto tra “artisti anche molto diversi” può forse generare cose nuove. Ci sono, purtroppo, sempre di più, cose nuove in tutto e per tutto pessime. Negare la storia e la tradizione è il primo passo per confinare l’operare artistico in uno spazio indifferenziato in cui tutti sono uguali, e tutti possono tutto. Ovvia conseguenza di questo, è il risalto che viene dato nel Festival, alla presenza del virtuoso del giradischi: ai miei tempi, quando si voleva dire che qualcuno non era portato per la musica, si usava l’espressione “Lui sa suonare il campanello” oppure “suona il giradischi”. Ora, confessando la mia ignoranza in merito – non pensavo che il giradischi fosse uno strumento di produzione musicale, ma piuttosto di riproduzione – non mi sento comunque di annoverare questa neonata “arte dei suoni” tra quelle storiche, per le quali si studia qualche decennio. Infine, una domanda mi attraversa con sgomento: siamo proprio sicuri che la presenza di Allevi non abbia a che fare con tali derive antimusicali (nel senso ottocentesco, si intende)?