L’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento impegnata nella quarta di Mahler e nella Sinfonia 41 di Hadyn. Sul podio Gustav Kuhn, soprano Sabine von Walther
di Emilia Campagna
Voce d’angelo e gravità terrena (con una spruzzatina di diabolico) per una Sinfonia che rapisce come una favola teatrale: la IV di Mahler riserva all’ascolto i toni del fiabesco e l’affondo di passioni più che terrene, opposti che convivono, si intrecciano, si sovrappongono. Gustav Kuhn alla testa dell’Orchestra Haydn di Bolzano e Trento conduce per mano nel miracolo mahleriano di una musica che è uno sguardo sulla molteplicità: frammenti di specchi che deformano e rovesciano, rassicurano per poi lasciare nello straniamento. Una parola, per tradurre tutto questo, c’è: non è vertigine, non è pathos, è “Umheimlich”, ovvero “il perturbante”, che Freud spiegava come “quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”.
Kuhn ha dalla sua uno strumento irreprensibile: e del resto è palese che l’orchestra bolzanina sotto la bacchetta del suo direttore artistico dà il meglio di sé, consegnando tra l’altro in apertura di serata una Sinfonia di Haydn (la 41) che piacevolmente sorprendeva nella sua elasticità rococò. L’avvio mahleriano era perfetto nell’essenzialità del gesto capace di far parlare il ritmico e il sinuoso, la melodia distesa con l’intervallo lacerante: cambiamenti umorali, palpitazioni e spasimi, improvvisi moti di risa. C’è anche il tragico, nel vasto affresco mahleriano, ma non dura, superato da altri toni, altri racconti, come in un teatro di personaggi a caccia della propria identità e tradotti dall’orchestra, che confida nella centralità rassicurante degli archi per poi muoversi su una spazialità complessa nel gioco di fiati e percussioni. Musica da vedere, alla fine, da gioire in ogni nota.
Kuhn giganteggiava, il soprano Sabine von Walther era delicata e un po’ misurata nel lied che conclude la Sinfonia: nella correttezza dell’esecuzione e nella levigatezza timbrica della voce non si è sentito forse tutto il gioco che tra i due poteva scattare.
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