Nell’anniversario dei 250 anni dalla morte del compositore e teorico francese è stata eseguita con successo a Milano l’integrale al pianoforte delle Nouvelles suites de pièces de clavecin
di Luca Chierici
SEMBRA IMPOSSIBILE, MA LE OCCASIONE PER ASCOLTARE dal vivo la musica di Rameau sono pochissime anche in una città come Milano, che non lesina certo concerti e produzioni teatrali di spicco all’interno di stagioni sempre più affollate di appuntamenti. Attenderemo ancora chissà quanto tempo per assistere a rappresentazioni di opere teatrali di bellezza straordinaria che da noi non hanno mai attecchito e dobbiamo ringraziare il cielo se un grande pianista come Grigori Sokolov ci ha permesso negli ultimi quindici anni di capire come le Nouvelles suites de pièces de clavecin possano ancora offrire tante emozioni in un’epoca così lontana dal remoto 1728, anno della loro comparsa. Prima di lui, solamente apparizioni fugaci ma memorabili: un Thiollier che suonava in Conservatorio la Gavotte variata con squisita musicalità, qualche trasferta a Stresa per ascoltare Cziffra ne La poule o nel Tambourin (era un Rameau tanto colorato quanto poco filologico, come quello di Cherkassky o di Kempff, ma andava bene lo stesso, eccome).
Rameau al pianoforte, certo, ma la grande musica non ha necessariamente bisogno di strumenti d’epoca per andare dritta alla testa e al cuore e ce lo ha dimostrato ancora una volta quel raffinato musicista che è Luca Ciammarughi in un programma presentato oggi alla Palazzina Liberty per Milano Classica. Musicista ancor prima di essere pianista, perché Ciammarughi individua con il pensiero, con lo studio delle fonti e con la propria grande sensibilità il repertorio al quale dedicare una attenzione viscerale e contagiosa. E pazienza se in sala non poteva utilizzare un bel pianoforte francese o un Bösendorfer per distillare suoni preziosi che la sua tecnica di agilità e la sua ricerca timbrica sono in grado di proiettare in sala. Spiegazioni brevi e essenziali prima di ognuna delle due Suites in la minore e sol maggiore e del “riempitivo” costituito dall’Hommage à Rameau di Debussy non hanno davvero disturbato l’accoglienza da parte del pubblico, che spesso non ha il tempo di dedicare qualche minuto di preparazione all’ascolto, leggendo in questo caso il bel programma di sala scritto dallo stesso pianista. Si tratta di musica dalle grandi capacità evocative, senza dubbio, ma Ciammarughi ha saputo individuare nel suo fraseggio e nel suo tocco una miscela accattivante di richiami agli strumenti antichi e di sfruttamento delle potenzialità espressive di un pianoforte moderno, senza disdegnare parchi ma efficaci tocchi di pedale. Successo e applausi da parte di un pubblico non numeroso ma molto attento.